Martedì 18 marzo 2025

Lo chiamano piumone ma per spostarlo ci vuole una passione.

Per fare silenzio, ero proprio stanco domenica sera, mi sono concesso di ascoltare una testimonianza di don Eugenio sull’esperienza dei “quadratini”; ad un certo punto il sacerdote bergamasco racconta di una donna che pochi giorni prima di andare in paradiso ha detto al papà: “voglio che Dio quando verrà a prendermi mi trovi viva”.
Ieri mattina alzandomi dal letto mi è tornata alla mente quella frase ed è diventata la mia preghiera per tutta la giornata di ieri: “quando verrai vorrei essere vivo!”. Lo pensavo perché mi sembra sia questa la sola strada per vivere una reale tensione ad ogni gesto della giornata e della vita.
Che io sia vivo, che io sia desto, non è cosa da poco; spesso le giornate sono piene di una sorta di torpore come di chi non vuole uscire dalle coperte la mattina, la fatica di quel gesto, buttare di lato il piumone, diviene così il primo gesto di coraggio della giornata, un gesto così impegnativo solo perché non c’è la passione che spinge oltre. Quando si aprono gli occhi a una giornata importante allora ci si accorge che già quel gesto è vissuto in modo diverso.

Domandare di essere vivo è quindi stata la preghiera di avere una passione, un’attesa così vera da farmi uscire dal “piumone” che spesso incarta e copre le mie giornate. E pensare a quella donna e alle sue parole mi ha fatto compagnia davvero.
Che dal cielo ci doni un pò della sua vitalità.



dalla liturgia ambrosiana:

In quel tempo.
Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno».

Vangelo secondo Matteo 5,31-37

Avessimo almeno il potere di rendere bianchi o neri i capelli! Invece nulla, il solo potere che abbiamo è quello di dire sì a ciò che ci è dato e che, nel caso del marito e della moglie, abbiamo scelto come la strada della vita.
Per questo anche giurare è sbagliato: non siamo noi a tenere in pugno le cose e quindi come possiamo impegnarci per esse? A chi è senza potere non è dato di decidere e nemmeno di fissare i paletti che danno spazio a ogni decisione.

Infine da notare che a Gesù importa poco “bollare” il nostro sì o il nostro no, a Lui sembra non interessare cosa si risponde perché è tutto impegnato a chiedere di non essere neutri. A Gesù importa la nostra risposta, lasciandoci liberi di dare quella che sentiamo vera per noi.


Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO

5. «Tu», segno suopremo

 E’ importante sottolineare l’analogia con l’espressione normale degli umani rapporti. L’uomo non percepisce mai una esperienza di completezza come nella compagnia, nella amicizia, particolarmente tra uomo e donna.

Devo ammetterlo la mia mamma aveva le sue buone ragioni, ma queste parole di don Giussani mi scusano, almeno in parte; quante volte mi sono sentito dire che “questa casa non è un albergo”, eppure quella completezza che percepivo nello stare con quegli amici era reale e credo facesse inevitabilmente da premessa al “per sempre”, al “tutto” di cui poi la mia intera vita si è sentita affamata.
Quella completezza che, per grazia è accaduta di nuovo nella mia vita, è la molla infinita al mio continuo ricominciare. E quell’accadere della pienezza è tutto ciò che ho da offrire a chi incontro.


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