Ieri pomeriggio sono stato a confessare i ragazzini della prima Comunione; quando sono arrivato in chiesa stavano facendo le prove della celebrazione e poi hanno fatto loro provare quel pane azzimo che riceveranno poi consacrato, e così, avendoli guardati dal fondo della navata, li ho visti come ragazzi che intuiscono la grandezza del momento pur continuando a fare i superficiali: c’era chi tornava al proprio posto a mani giunte ma facendo mille facce per ciò che avevano in bocca, chi entrava nella propria panca facendo acrobazie da saltimbanco, chi arrivava abbracciando la mamma come se la vedesse dopo mesi. Tutti segni piccoli di una sorta di imbarazzo di fronte al Mistero.
Per questo guardavo a quel gesto della prima Comunione senza grandi speranze: figurati cosa mi aspettavo dalle Confessioni per i genitori e i ragazzi che l’avessero desiderato.
In effetti di adulti nessuno si è confessato, mentre diversi sono stati i ragazzi.
La prima a confessarsi è stata una bimba; si siede e quando le chiedo il nome mi dice: “guarda che te l’ho già detto la volta scorsa”. E poi aggiunge: “siccome mi era servita l’altra volta sono tornata”. Non saprei dire se fosse vero, non so nemmeno se davvero la Confessione precedente fosse stata utile, quello che mi è parso evidente è che quella ragazza aveva riconosciuto non tanto un bisogno quanto una possibilità.
Sono tornato a casa convinto che anche la Confessione, per essere compresa, debba essere guardata come un’occasione.
dalla liturgia ambrosiana:
San Mattia, apostolo
E’ l’unico dei dodici apostoli non scelto direttamente da Gesù, ma dalla primitiva comunità cristiana, per prendere il posto di Giuda Iscariota. Mattia aveva seguito Gesù e ascoltato il suo insegnamento fin dall’inizio della sua predicazione, ed era stato fra i testimoni della risurrezione. Aveva perciò tutti i requisiti per poter entrare a far parte del collegio apostolico, come richiesto da Pietro nel racconto degli Atti degli Apostoli (1,21-22).
Proposto con Giuseppe Barsabba, dopo la preghiera comune, la scelta cadde su di lui. Secondo Eusebio (Historia ecclesiastica, 1, 12) sarebbe stato uno dei settantadue discepoli del Signore. Per alcuni avrebbe predicato il vangelo in Etiopia, dove avrebbe subito il martirio. Il suo nome, tipicamente ebraico, è un’abbreviazione di Mattanjah, che significa “dono di Dio”. Le sue reliquie si conservano a S. Maria Maggiore in Roma, e a Treviri (Germania), dove è venerato come patrono.
In quel tempo.
Vangelo secondo Giovanni 19,27-29.
Pietro disse al Signore Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
Che fascino quel Pietro! Ha il coraggio di chiedere a Gesù che cosa si guadagna dicendogli di sì, dandogli tutto, non c’è nessuna riverenza, non c’è paura ma solo piena e vera confidenza. Mentre noi rischiamo di guardare a una domanda come questa con la preoccupazione di mancare di fede: “se chiedi è perché non ti fidi fino in fondo”.
Occorre imparare a stupirsi di una cosa semplice: se Pietro non avesse posto la questione a Gesù noi non avremmo la stupenda promessa fatta a coloro che lo seguono. Forse seguiremmo ma senza renderci conto che quello che ci è dato è frutto promesso.

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 13
Educazione alla libertà
Il metodo dimostrativo attraverso il segno è il metodo adeguato all’uomo, caratteristico di una vita personale. … Abbiamo visto il perché: è in questo metodo di rapporto che si gioca la libertà. E’ il metodo dimostrativo in cui la libertà è rispettata. La libertà si gioca come interpretazione del segno.
Cominciando questo nuovo capitollo don Giussani rimette in chiaro ciò che si è detto nel passaggio precedente: la libertà si gioca nella strada dell’interpretazione. Siamo quindi chiamati alla fatica e alla responsabilità di leggere e interpretare la realtà che ci circonda; questo per poter vivere il nostro essere a pieno titolo uomini; altrimenti saremmo solo macchine addestrate a seguire un certo percorso, fissato da altri: la società o il potere che dir si voglia.
Buon mercoledì,
donC
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