Martedì  15  ottobre  2024

In auto, alcuni giorni fa, mi ha colpito la frase di una canzone; Brunori Sas ne “la ghigliottina” canta così: “Il vero lusso è la povertà. Perché il povero un sogno ce l’ha“. Non avendo ascoltato il resto del testo, preso da quelle prime parole, e non conoscendo nemmeno l’autore, mi sono ritrovato a pensare che in fondo potrebbe essere una lettura condivisibile e interessante: il povero ha una speranza, data dalla sua fame, che il ricco invece non ha, per la sua sazietà.

Questo potrebbe essere di aiuto a capire perché nel vangelo i poveri sono una categoria privilegiata: sono coloro che più facilmente colgono il bisogno e la necessità del rapporto con Cristo come “cibo che sazia la fame”.

Poi, andando a leggere il testo della canzone, mi sono reso conto che le virgolette, che circondavano solo queste poarole, indicavano la presa diretta di un dialogo da bar e avevano quindi un intento polemico verso “i borghesi” che parlano di cose che non conoscono e sentenziano come fossero il buon Dio.

Ve lo racconto perché ieri pomeriggio ho dovuto a lungo chiacchierare con un ragazzo italiano, con tre anni di carcere alle spalle, che aveva preso san Pio come suo personalissimo deposito: lasciava i suoi indumenti e le altre sue cose in corridoio mentre andava a lavorare o quando andava a dormire da qualche parte per strada.

ho potuto vedere come sia vero che il povero ha un sogno, ma ho visto altrettanto bene che senza ragioni e senza aiuti il sogno rischia di trasformarsi in disperazione.


dalla liturgia ambrosiana:  

Martedì della VII domenica dopo il martirio del Precursore

Santa TERESA di Gesù, dottore della Chiesa

Teresa de Cepeda y Ahumeda nacque ad Avila nel 1515, da una famiglia borghese, sesta di nove figli. Donna forte, sensibile ed entusiasta, ancora bambina si lasciò esaltare dalla vita dei martiri fino al desiderio del martirio a cui pensò di andare incontro con la sua fuga da casa. A vent’anni decise di farsi monaca nel Carmelo dell’Incarnazione, formato da centocinquanta suore, dove rimase ventisette anni. All’inizio conobbe una profonda intimità col Signore, cui seguì un tempo di mediocrità, senza slancio e senza impegno.

Ma nel 1555, a quarant’anni, Teresa dopo la lettura delle “Confessioni” di sant’Agostino, cambiò vita, richiamata dallo stesso Crocifisso che le concesse singolari esperienze mistiche. Nacque allora in lei il desiderio di condividere con altre sorelle una maggior autenticità di vita monastica e sotto la guida di Francesco Borgia e di Pietro di Alcantara, cominciò a fondare comunità piccole, dove le monache potessero vivere la regola primitiva dell’Ordine carmelitano, sull’esempio dei primi padri.

Nel 1562 si inaugurò il primo piccolo e povero monastero, dove si adottò l’ideale dell’orazione continua e della contemplazione in una vera vita di famiglia. Nonostante la sua malferma salute fisica, spinta dal fuoco interiore che la divorava, seppe superare ogni difficoltà interna ed esterna all’Ordine, portando avanti non solo la riforma dei Carmeli femminili, ma anche quella del ramo maschile. In uno dei suoi molteplici viaggi, intrapresi per fondare in Spagna nuovi monasteri, incontrò un giovane sacerdote, Giovanni Mattia, che divenne il primo carmelitano scalzo dell’Ordine riformato, col nome di Giovanni della Croce. Fu suo direttore spirituale e suo grande collaboratore e, alla scuola di Teresa, divenne il grande mistico che tutti conosciamo.

Teresa seppe vivere una vita di continua contemplazione anche in mezzo alle assillanti occupazioni e alle persecuzioni che incontrò e, su indicazione del proprio padre spirituale, lasciò ai posteri numerosi scritti tra cui Il libro della vita, il Cammino di perfezione, I pensieri sull’amore di Dio e il Castello interiore, che le valsero il titolo di dottore della Chiesa, conferitole da Paolo VI nel 1970. Morì ad Alba de Tormes il 15 ottobre 1582.


Vangelo secondo Luca (22, 67-70)

In quel tempo. Gli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi, dissero al Signore Gesù: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono».

Dirlo non basta, non persuade nessuno. Occorre che si faccia la fatica della ragione per poter dire che Gesù è il Figlio di Dio. E così si arriva a riconoscere ciò che è.

Spesso anche noi rischiamo di fare lo stesso errore: che ci venga detto come stanno le cose per poter dire “è così”; Gesù invece ci sfida e ci costringe a capire quale sia la portata delle questioni in gioco, semplicemente rimettendoci davanti a ciò che vediamo: la potenza della sua opera nella nostra vita.


Scuola di Comunità

Giornata di inizio anno
21 settembre 2024

CHIAMATI cioè MANDATI, l’inizio della MISSIONE

Testo

1. Lo sguardo della fede.

Abbiamo tutti in mente le parole che ci ha rivolto papa Francesco: «Carissimi, abbiate a cuore il dono prezioso del vostro carisma e la Fraternità che lo custodisce, perché esso può far “fiorire” ancora molte vite […] La potenzialità del vostro carisma è ancora in gran parte da scoprire».

Questo è l’inizio della prima delle tre sottolineature che Camu fa introducendo la Giornata di Inizio Anno.

La fede, per molti tra noi, è divenuta fatto conosciuto e scelta  cosciente solo grazie all’incontro con il carisma che ci è stato donato attraverso don Giussani, un dono da avere a cuore, soprattutto nella consapevolezza che la forma della Fraternità è ciò che oggi ci è dato perché quel dono sia costantemente rinnovato.

Questo genera due domande semplici e concrete: nell’incontro con il carisma di don Giussani è fiorita la nostra vita, ma come sta fiorendo ora? Abbiamo il desiderio di vedere crescere le potenzialità che abbiamo visto in noi e nella nostra compagnia?

Buona  giornata ,
donC