Commuoversi per il destino dell’altro.
Capita sovente che le persone, nelle vicinanze del loro Matrimonio, siano prese dalla foga della preparazione e che, per stanchezza e stress, finiscano con il considerare la preparazione e le sue fatiche come la questione decisiva; da qui vengono arrabbiature, litigi e incomprensioni reciproche che segnano un tempo che dovrebbe essere tra i più belli della vita.
E a me capita di diver essere in mezzo a diatribe che paiono veri drammi della incomunicabilità.
Mi sono reso conto ieri che mentre una volta mi sarei dato da fare per far capire, spiegare e anche mitigare le posizioni, ora mi muovo su un piano diverso. Sto cominciando ad amare la scelta degli sposi. E così mi addolora un sacco vedere come sia facile accantonare la coscienza che all’altro si può davvero consegnare tutto noi stessi, senza paura e senza altre sottolineature.
Grazie a Dio, quello che per gli uomini è un rapporto naturale, quello affettivo, per la venuta di Gesù è divenuto un rapporto divino, fatto di eternità e pienezza donate a chi sceglie di dare totalmente sè stesso come Gesù. Cosa c’è di più bello che vivere la certezza che si è uno per l’altro?
Il punto è decidere di lasciarsi andare, di dare sè stessi, e di smettere di vivere come se la vita fosse una cosa nostra, che dobbiamo sistemare perché “funzioni”.
dalla liturgia ambrosiana:
Venerdì della IV settimana dopo PASQUA
In quel tempo.
Vangelo secondo Giovanni 7,25-31.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora. Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo, quando verrà, compirà forse segni più grandi di quelli che ha fatto costui?».
Conoscere l’origine è il solo modo per dire di conoscere davvero ciò che si ha davanti altrimenti si conoscono solo i dettagli delle cose ma non la loro “generazione”; Gesù nel tempio riafferma questa posizione. E questo procura a Gesù diversi nemici perché è sempre più comodo, e fonte di una autonomia, il fingere che le cose non abbiano nè una generazione nè una fine. Si vive di un eterno presente che però ha un grande difetto: solo facendo violenza alla realtà si possono mantenere le cose come si vuole che siano.
E più il tempo passa più si deve crescere con la violenza, e questo porterà Gesù alla morte.

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 13
Educazione alla libertà
1. Educazione alla libertà come responsabilità
Responsabilità deriva da «rispondo». L’educazione alla responsabilità è educazione a rispondere a ciò che chiama.
Se il concetto è fin troppo chiaro ed evidente i problemi iniziano quando ci capita di avere in mente che ciò che chiama è ciò che decido io. Oggi viviamo un tempo dove nulla chiama se non me stesso, io seguo ciò che credo giusto secondo me e a partire da me.
Così l’uomo, travisando il suo destino, finisce con il rispondere solo a sè stesso. Che è il contrario del rinunciare a sè stessi che il vangelo chiede ripetutamente.
Buon fine settimana,
donC
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