Giovedì 5 giugno 2025

L’altro ieri sono nati due bambini, a chilometri di distanza l’uno dall’altro, che però hanno in comune la fragilità della loro vita: appena nati hanno già bisogno di cure e di assistenza molto invasive e che possono anche avere un esito incerto.
Non è quello che ti aspetteresti dalla nascita di un bambino.
In questi due giorni ho pensato spesso a loro: cosa c’è di buono in una vita che inizia già nel dolore e nella fatica? Loro cosa hanno potuto vedere per poter stare nel dolore che è loro chiesto? Se avessero coscienza di sè come potremmo spiegare loro quello che sta accadendo?

Certe volte sembra proprio che il buon Dioi si distragga un momento permettendo cose che paiono ingiustizie evidenti; come ci pare che sia il dolore innocente.
Eppure il Padre quei figli li ha voluti, non era distratto mentre pensava ai loro volti, alla contentezza e alle cure che avrebbero messo in atto le loro famiglie all’annuncio del loro arrivo.

Eppure quei figli sono, e saranno per sempre, figli di un popolo che li ha custoditi come si fa con le cose più preziose; solitamente non ricevo così accorate domande di preghiera come quando si tratta dei bambini, segno del fatto che loro sono portati da un popolo che si riscopre tale proprio grazie a loro.
Il secondo dono che quei piccoli ci portano con la loro sofferenza è la condivisione del dolore: di fronte a un bimbo che soffre tutti siamo un pò padri e madri e questo è tutto ciò che ci occorre per “convertirci”: di fronte a loro noi cambiamo davvero, preghiamo, chiediamo, facciamo gesti che non faremmo, forse, nemmeno per noi stessi.

Quei due Cristi, nelle loro culle termiche, sono lo strumento con cui oggi Lui si ripresenta e ci sfida: “non c’è amore più grande di chi dona la propria vita per i propri amici”; noi siamo amici di quei bimbi?


dalla liturgia ambrosiana:

Bonifacio è il grande apostolo della Germania, ma estese la sua azione missionaria anche nel regno dei Franchi.
Wilfrido – era questo il suo nome di battesimo – era nato circa il 675 a Wessex, nell’Inghilterra sud occidentale, e fu monaco benedettino a Exeter e a Nursling, dove divenne abate. Desideroso di portare l’evangelo alle popolazioni delle regioni germaniche oltre il Reno, dopo aver compiuto, senza successo, un primo viaggio nella Frisia, nel 716, venne investito da papa Gregorio II della missione evangelizzatrice della Germania. Passò dalla Turingia alla Frisia, soggetta ai Franchi, e vi operò le prime conversioni.
Nel 722 il papa lo chiamò a Roma per consacrarlo vescovo non di una diocesi, ma di tutta la regione oltre il Reno, legato direttamente al papa come vescovo suburbicario della diocesi di Roma. Il successore nella sede apostolica, papa Gregorio III, gli affidò inoltre la missione di portare l’evangelo in Baviera. Per poter adempiere alla sua missione di evangelizzatore, Bonifacio domandò a papa Zaccaria l’immunità pontificia per la fondazione del monastero di Fulda, che divenne il centro propulsore della spiritualità e della cultura religiosa della Germania. Venne assassinato durante la celebrazione della messa con 52 compagni dai Frisoni, ai quali portava il vangelo, presso Dokkum: era il 5 giugno 754, solennità di Pentecoste. Il suo corpo riposa nell’abbazia di Fulda.
La vastità del suo impegno missionario, che lo mise in relazione con papi e re, gli attribuì un’influenza a dimensione europea, che permise il passaggio della storia del papato dal periodo bizantino a quello franco.

In quel tempo.
Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Vangelo secondo Giovanni 15,18-21.

“Non conoscono colui che mi ha mandato”. Se guardo alla storia di Gesù con me, al modo con cui è entrato nella mia vita, sarei falso se dicessi che tutto questo mi ha spinto a conoscere il Padre; d’altra parte se questo non è accaduto è solo perchè io non ho mai fatto troppo seriamente la fatica di guardare dentro ciò che mi era accaduto: come può Gesù amare così tanto gli uomini da arrivare a dare la sua vita? Da dove prende Gesù quella carica d’amore infinita per un niente come me?
In fondo, devo ammetterlo, se non considero troppo il Padre è solo perchè mi manca questo “affondo” su Gesù; godo della sua Presenza, vivo della sua amicizia ma mi fermo lì.
Figuratevi cosa significa se parliamo dello Spirito Santo! Tra pochi giorni festeggeremo la Pentecoste ma il pericolo è sempre di avvertire quella festa come una cosa che in fondo non ci riguarda. Chiedere di imparare ad amare lo Spirito Santo è questione decisiva perché è la sola strada per poter abbracciare sino in fondo la Vita che ho incontrato.
Altrimenti continuerò a pensare che la fede sia solo un problema di sforzo mio.


Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO

3. L’esperienza del rischio

Inevitabile conseguenza del rapporto con Dio, mediato dal fenomeno del segno, è una esperienza che io chiamo l’esperienza del rischio. …
Il rischio non è un gesto o una azione che non abbia ragioni adeguate, perchè allora non è rischio, è irrazionalità. La rischiosità sta altrove.

Il rischio, secondo don Giussani, è solo per guadagnare! Non si perde mai con Cristo. il rischio è tutto nella fatica della verifica: la promessa che Gesù fa agli uomini è vera o no?
Capite che in questo modo quello che c’è in gioco è la vita come guadagno e non come perdita: se non ti fidi non rischi nulla e tutto resta com’è, solo che tu devi accontentarti del fatto che “stai”.


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