Ieri, arrivando a casa di mia mamma poco prima dell’ora di pranzo e uscendone una mezz’ora dopo, notavo che l’ascensore era rimasto fermo tutto il tempo al piano.
Nessuno, in quel breve arco di tempo, aveva avuto bisogno dell’ascensore. Negli anni della mia giovinezza in quella manciata di minuti era quasi impossibile non solo trovare l’ascensore al piano ma anche solo trovarlo libero.
Gli inquilini erano quasi tutti operai che a pranzo tornavano a casa, e quindi, a orari fissi, tutto veniva usato contemporaneamente. Ora, essendo quegli operai divenuti pensionati, nessuno più arriva trafelato all’ora di pranzo; sono semplicemente tutti già a casa.
Sarà banale ma mi veniva questa riflessione: la casa è casa, luogo della cura di sè, degli affetti e del riposo per ciò che in essa si vive e non per uno scopo del momento. La casa è definita da chi la abita e non da altro.
Tutto è funzionale alle persone. E questo cambia la casa con il loro mutare.
Quali cambiamenti riconosco in me? Come è cambiata la mia casa?
dalla liturgia ambrosiana:
Venerdì della I° domenica dopo PENTECOSTE
In quel tempo.
Vangelo secondo Luca 4, 42-44.
Sul far del giorno il Signore Gesù uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.
Siamo i soliti! Lui e lì e le folle lo possono “godere” fino in fondo, e loro cosa fanno? Si imbottiscono di paura che se ne vada, è lì e hanno paura di perderlo! Noi siamo così, l’istante non è roba per noi, a noi servono i calcoli, le previsioni e le programmazioni! ci serve avere delle certezze che non si spostano e che sono certezze proprio perchè non cambiano; mentre la certezza è proprio ciò che spinge ad affrontare tutto, a verificare la verità che asserisce in tutti i contesti della vita.
Quindi non sto facendo l’esaltazione della avventatezza, del sentimento, ma della passione dell’istante; la grazia di Dio si gioca nell’istante che accade e che promette di darti tutto; tutto quello che serve per tutta la vita.
A chi è concesso di vivere con pienezza l’istante è data la certezza di non perdere mai più la grazia accaduta nell’incontro.

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 13
Educazione alla libertà
3. L’esperienza del rischio
In tal senso mira il paradosso di Chesterton: «Non è vero che uno più uno fa due; ma uno più uno fa duemila volte uno».
Mi pare davvero decisivo e importante ciò che viene detto nelle righe che concludono il tredicesimo capitolo. Le parole di un genio come Chesterton hanno l’immenso pregio di spostare la questione dei numeri a un livello superiore: dal razionalismo alla razionalità: la razionalità è quella della parola evangelica: dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro; è così che i numeri non saranno mai corrispondenti alla realtà: la compagnia certa e scommessa di Uno non permetterà mai il risultato matematico.
Averlo in mente credo aiuti a non sentirci mai soli.
Buon fine settimana,
donC
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