Martedì 19 agosto 2025

Grande risalto ai colloqui di pace svolti in America.
E tutti quei conflitti di cui si tace? E del commercio delle armi che noi produciamo, e vendiamo? E dei morti di fame a Gaza, come in mille altre parti del mondo?
Ci gonfiano la testa per una cosa così ci impediscono di guardare le mille altre che ci sfilano sotto il naso.
Dovremmo essere molto arrabbiati, per come vanno le cose, ma prevale in noi la tristezza per la morte di Pippo Baudo padre della Patria, ridotta ormai ai suoi canali televisivi.

Come non essere disperati, cioè senza speranza, in questo sistema di cose? Come è possibile vivere una vita lieta e certa dentro le tristezze della vita?

Ci ho pensato molto ma credo di avere solo una piccola misera risposta, da pover’uomo: devo avere in mente un volto, uno o mille, ma uno concreto, solo così la speranza ha un inizio che non sia uno sforzo o una strana energia da trovare dentro sé, senza uno sguardo che dice il suo sì nemmeno è possibile parlare di speranza.
Quello che abbiamo nel cuore sarebbe solo un grido immenso che porta a follia.



dalla liturgia ambrosiana:

In quel tempo. Mentre le folle si accalcavano, il Signore Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione».

Vangelo secondo Luca 11, 29-30.

La fede, continuiamo il discorso iniziato ieri, è una scelta che non può essere legata a un qualche tipo di obbligo; cercare dei segni infatti è mettersi nella posizione di chi dice: ci credo se qualcosa mi “costringe”, se c’è un’evidenza. Pensate a cosa sarebbe la fede se le cose stessero così: i credenti sono quelli bravi che vedono i segni mentre chi non li vede è un poveretto che non può arrivare alla fede perchè manca delle “ragioni”.
La fede è un dono, cui sono connessi un compito e una responsabilità.

Che cosa può rendere fertile il terreno della vita affinché possa attecchire il dono concesso ad ogni uomo? Solo e soltanto la cura di sé, l’impegno a perseguire il proprio compimento umano; riconoscendo ciò che compie realmente la vita.

In questo anche il buio che c’è nella pancia di un pesce, l’incertezza sul proprio destino, può essere uno strumento per rendersi conto che la vita non ce la regaliamo noi.



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