Quanto manca ai giorni della merla?
Pare una domanda strana ma se dovesse capitarvi mai di passare per i corridoi del Poli, potreste fare in giro la domanda che avete trovato come incipit e se, sempre se, siete anche fortunati potreste imbattervi in un unico studente che vi saprebbe rispondere correttamente. Per lui quei giorni sono un “segno”, di cosa poi chiedetelo a lui.
La vita dei nostri avi era tutta scandita da segni e da richiami che oggi purtroppo non abbiamo più.
Oggi invece, nel giorno di san Martino, si ricordano e celebrano due cose: il ringraziamento per il frutto del lavoro nei campi, gesto che chiude la stagione agricola e prelude alla breve pausa del riposo autunnale. E, secondo, si celebra la cosiddetta “estate di san Martino”, quei giorni che la tradizione vuole più caldi del solito per via di quella metà mantello che il cavaliere, poi santo vescovo, donò al povero incontrato: come a ricordarci che un vero gesto di carità scalda.
Qualcuno particolarmente sarcastico potrebbe quindi attribuire alla troppa carità che c’è nel mondo il grande tema del surriscaldamento climatico, facendoci intendere che forse allora, se la carità scalda la terra, dovremmo essere congelati o quasi; al contrario di quello che sta capitando.
Fatto sta che san Martino ha il grande merito di aver mostrato al mondo che non esiste nessun uomo che non possa dare qualcosa a chi ha bisogno. Quello che ci serve può sempre essere diviso in due: se facciamo un pò di fatica in due possiamo anche scaldarci un pò in due.
dalla liturgia ambrosiana:
San Martino di Tour
Martino nacque nel 317 in Pannonia (Ungheria) da un tribuno militare e fu educato a Pavia. Costretto ad arruolarsi nell’esercito imperiale, in questo ambiente ebbe modo di incontrare la fede cristiana e vi aderì. Dal suo biografo Sulpizio Severo veniamo a sapere che il giovane soldato, ancora catecumeno, incontrò un povero, tremante di freddo, alle porte di Amiens e, non avendo altro da offrirgli, gli diede metà del suo mantello militare. La notte successiva Cristo, apparendogli in sogno, gli fece udire queste parole: “Martino, ancora catecumeno, mi ha coperto con questo mantello”.
Nel 337 fu battezzato e, ispirato dalla figura di Ilario di Poitiers, decise di dedicarsi alla vita monastica; ma intervenne l’esilio inflitto dagli ariani a Ilario, che indusse Martino a ritornare in Pannonia, ove convertì la madre alla fede cristiana. Al rimpatrio di Ilario a Poitiers anche Martino tornò e potè realizzare il suo desiderio, fondando insieme a Ilario il monastero di Ligugé, il più antico d’Europa.
Eletto vescovo di Tours nel 371, iniziò la sua grande opera pastorale dedicandosi alla conversione dei Galli, impegnandosi nella pacificazione tra ariani e ortodossi e nell’evangelizzazione missionaria delle campagne, dove creò le prime parrocchie rurali. Restò comunque sempre fedele alla sua vocazione monastica, continuando a vivere come monaco nel nuovo monastero da lui stesso fondato presso Tours, il cenobio di Marmoutiers, dove condusse con alcuni monaci-preti da lui formati, una vita di comunione fraterna, di condivisione dei beni, di preghiera comune e di predicazione.
La tradizione legata al mondo delle campagne ha fatto di Martino uno dei santi più popolari e amati, inventando una miracolosa ‘estate di san Martino’. Morì l’8 novembre 397 a Candes vicino a Tours.
In quel tempo. Il Signore Gesù diceva alle folle: «A chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Vangelo secondo Luca 6, 29b-38.
Se amate quelli che vi amano … Quello che Gesù chiede ai suoi amici è qualcosa di realmente alternativo: amare chi non ti ama, meglio, amare tutti; ma come è possibile? Mi pare che don Giussani abbia indicato una strada, almeno a me: amando il loro destino, cioè riconoscendo e desiderando che tutti, anche quelli che non ci amano, possano compiere sé stessi, possano essere felici.
A questo proposito Gesù non si dilunga in dotte discussioni, affronta la questione direttamente e “laicamente”, in modo che possa essere proponibile a chiunque: “come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”. Trattare l’altro come vorremmo essere trattati noi è davvero una questione decisiva, perchè ancora una volta ci è indicato che per poter amare davvero occorre iniziare dall’amare sé.
Così è per il “date e vi sarà dato”, è possibile seguire questa parola del vangelo se siamo coscienti di non essere padroni ma solo custodi di tutto ciò che ci è dato. E per imparalo abbiamo bisogno di guardare a chi già ora sta vivendo la vita con questa coscienza. Quanti “custodi” di vita conosci?
Scuola di Comunità 2025/2026

«Cristo, nuovo principio
di conoscenza e di azione»
Qui potete trovare il testo della Giornata di inizio anno:
https://www.clonline.org/it/pubblicazioni/libretti/giornata-inizio-anno-2025
«La fede è vera e propria conoscenza della categoria sintetica della realtà, che è Cristo. Da questo punto di vista, la fede è un “appropriarsi Cristo”, è un partecipare o un rendere propria [in questo senso parla di un “appropriarsi”] la visione che Cristo ha della realtà». Perché noi vogliamo vedere quello che vede Lui! Vogliamo poter vedere la realtà come la vede Lui!
Cominciamo con oggi la ripresa della parte del secondo paragrafo che riguarda il “giudizio comunionale”.
Siamo alla premessa: lo scopo del giudizio comunionale è quello di aiutare il singolo ad appropriarsi dello sguardo di Cristo; sguardo assolutamente desiderabile da parte di chiunque abbia incontrato Gesù, ma davvero impossibile da compiere se ci si prova da soli.
Vedere la realtà con gli occhi di Cristo non riguarda solo alcune questioni della vita ma ha la pretesa di entrare in ogni piega di essa, occorre coltivare molto il desiderio della imitazione di Gesù per poter arrivare alla disponibilità di un giudizio condiviso.
Buon ringraziamento,
donC

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