Giovedì 13 novembre 2025


Nella giornata di ieri ho fatto davvero dei begli incontri; ci sono state delle cose che se raccontate, ma non posso, sarebbero davvero dei grandi e bei regali per tutti. Ma, come cantava il buon Lucio, “non mi basti mai”.
Ho trascorso le ultime ore della giornata di ieri con la sensazione di una pienezza ma non di una vera letizia, come se semplicemente mi sentissi come uno che ha fatto il suo.
Ma anche il dare tutto senza che questo sia davanti al mondo non basta. Non basta vivere un amore tenendolo chiuso nel cuore.

Così la preghiera che chiudeva la giornata era come un grido: “Signore, dammi cuore!, Dammi passione!”.
Una passione come quella di Arcadia che ieri ha iniziato il percorso, di due anni, per ricevere il Battesimo da adulta.
Una passione come quella di Bianca e Maddalena che ieri sera sono arrivate da Modena per provare dei canti e poi tornare a casa nella notte.
Una passione come quella degli amici di agraria che dopo una festa, a cavallo della mezzanotte, pulivano e cantavano, anche per la potente complicità dell’alcol.

Se arde, saddavedé.
E’ la mia preghiera per la giornata di oggi.


dalla liturgia ambrosiana:

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Vangelo secondo Matteo 25, 14-30.

“Ho avuto paura”; la paura nasce dalla responsabilità intesa come un dovere, un compito senza un rapporto. E quanto spesso capita anche a me che sia così: un dover essere all’altezza di quanto mi è affidato.
Mentre chi vince la paura e vive la responsabilità in modo compiuto è chi si butta dentro l’avventura sapendo che quella richiesta: “custodisci il mio talento” è una sfida e un’occasione di rapporto, è l’espressione di una stima che rischia su di me; allora la risposta è data dalla passione e dall’entusiasmo dello scoprirmi amato.

Forse poi dovremmo anche accorgerci che in realtà il nostro Amico ha dato cinque talenti a ciascuno, ha dato tutto di sè perchè ciascuno possa rispondere dando tutto a sua volta.


Il giudizio sulla vita e su ciò che vi accade è sempre frutto del desiderio di appartenere sempre più a quel rapporto che ci ha incontrato e generato. Abbiamo bisogno di ripetercelo di continuo perché è davvero facile scappare via da questa appartenenza per ricominciare a vivere per sé stessi.
Possiamo anche dare tutto per la nostra fede, come il giovane ricco, ma se non arriviamo a vivere per Lui allora resterà sempre lo spazio del tornare alla vecchia vita, al vivere e morire per noi stessi.
Chiediamo che l’appartenenza sia sempre l’unità di misura della nostra vita.


Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *