Domenica che precede il Martirio del PRECURSORE | 24 agosto 2025

In quel tempo. I discepoli si avvicinarono al Signore Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo! Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».

Vangelo secondo Matteo (18,1-10.)

Chi è più grande nel regno dei cieli?”. Allora chiamò a sé un bambino …
Il bambino non è grande ma piccolo, ha bisogno di tutto, non sa fare nulla, vediamo facilmente quanto siano piccoli i bambini, eppure per Gesù i bambini sono il segno dell’essere grandi, e non tanto qui, in modo passeggero, ma nel regno di Dio, in modo definitivo e permanente.

Per che cosa i bambini sono grandi?
Per ciò che fanno, anche se spesso lo fanno senza nemmeno averne la coscienza. A noi oggi è chiesto di essere coscienti della loro semplice grandezza.

Per questo, leggendo il vangelo di oggi, mi sono distratto a guardare cosa ci può essere di grande nei piccoli; quelli che qualche volta ci disturbano in chiesa e che incontriamo nella vita.

I bambini vengono portati a Messa e ci vengono perché confidenti nell’abbraccio dei loro genitori, vengono in chiesa per un amore.
Forse anche noi dobbiamo lasciarci portare da Gesù, anche se magari ci pare di non capire dove siamo portati.

Quando poi i bambini sono in chiesa, non capendo cosa si celebra e annoiandosi, che cosa fanno? Quello che a loro sta più a cuore, e a noi genera fastidio: giocano.
Forse anche noi, invece di sforzarci di fare mille dotte riflessioni, spesso solo per convincerci di ciò che gli altri si aspettano da noi, forse dicevo, anche noi dobbiamo imparare a dedicarci a capire e mettere davanti a tutto ciò per cui siamo fatti: amare ed essere amati.

Quando poi i bambini si annoiano ecco che tornano ai loro genitori; quando un bambino non può fare quello che più gli interessa non si intestardisce ma chiede aiuto.
Anche a noi adulti credo possa far bene sapere sempre che c’è Uno a cui tornare a chiedere. Tanto è vero che il coraggio di chiedere è una mancanza tipica di noi adulti.

Infine; quando i bambini in chiesa si rendono conto che i genitori hanno qualcun Altro di più grande da guardare, allora spesso si placano, e guardano dove guardano i grandi.
Essere grandi, forse anche per noi grandi, è accettare di sapere che c’è Uno più grande da guardare.


Una macina. L’immagine è, per me, sempre molto provocante e anche molto forte. Quando accosto brani come quello di Matteo che leggiamo oggi, mi trovo a dover guardare a me e a provare paura per tutte le volte in cui ho scandalizzato qualcuno, anche senza volerlo e saperlo, e l’idea di quella macina al collo mi preoccupa davvero; mi dà l’idea di una mancanza di fiato. Ma so per certo che le parole di Gesù non sono “per modo di dire”, quella macina è destinata anche a me, se io scandalizzo.
Per questo il dolore resta, e resterà sempre, presente nella mia vita: sono amato, sono perdonato, ma la mia povertà può impedire la strada di altri, e anche solo il pensiero di questo rende più attenta e viva la mia preghiera. Così il dolore non è scandalo ma origine della preghiera.


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