Giovedì 23 ottobre 2025

Se hai orecchie basta anche una caramella. O una manciata.
La porta dello studio lasciata socchiusa delle volte porta soddisfazioni, altre porta problemi e altre ancora vere e proprie rogne.
Così quando mi è arrivato in studio credevo fosse il solito personaggio che cerca soldi: aria dimessa, un lieve fetore e la solita mitica frase: “Lei è il prete?Ho bisogno di parlarle”.
Non potendo dire di no alla richiesta, ho smesso di leggere il testo del Papa e mi sono messo nella posizione del rassegnato ascoltatore.

E per quasi 15 minuti mi ha raccontato una storia che, se fosse vera anche solo per metà, sarebbe un’ottima sceneggiatura da film. Mancava solo la peste nera e quell’uomo le aveva viste tutte: abbandoni di moglie e amici, furti e truffe, malattie e solitudine, … fino alla strada. non voluta nè cercata ma accolta.
Così, dato che il racconto mi stupiva, ho cominciato a intenerirmi e a fare domande, a cercare di capire e di spiegare. Mi è venuto facile parteggiare per quest’uomo che la vita ha massacrato.
Il racconto è terminato tra l’imbarazzo mio e le lacrime del mio interlocutore, imbarazzo che ho cercato di dissimulare offrendo una caramella.

Ripresomi, alla fine di quella valanga di parole ho cercato di capire da dove partire per un possibile aiuto; cosciente di avere davanti un problema più grande di me ho messo su un foglio dei nomi, dei telefoni a anche un paio di indirizzi. ho anche cercato di dirgli cosa avrei fatto io.
Così quel signore mi ha detto: “Ora me ne vado, la ringrazio per queste indicazioni, ma io avevo più bisogno di essere accolto e di essere voluto bene, lei mi ha ascoltato e mi ha dato una caramella questo è quello che porto con me”.

“Ma le prenda pure tutte!”.
Sono state le sole parole con cui ho saputo ribattere e salutare, pieno della consapevolezza, istantanea e dolorosa, che in quel momento avrei desiderato dargli tutto.


dalla liturgia ambrosiana:

In quel tempo. Il Signore Gesù designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».

Vangelo secondo Luca 10, 1b-12.

Dopo il racconto dell’invio dei dodici oggi abbiamo il racconto dell’invio dei discepoli; pare che Gesù ci abbia preso gusto a “mandare” la gente che gli sta intorno. Come guardare questa cosa?
Nella logica umana quando vuoi bene a qualcuno tendi a tenerlo vicino, a poter almeno vivere certi momenti o gesti insieme, Gesù invece sembra non avere alcun riguardo per sè, per quello di cui, come uomo, ha bisogno; lui non tiene nessuno con sé, tutti i più cari li manda nel mondo, ad annunciare quello che hanno visto, a preparargli la strada.
Perchè nella missione l’uomo trova la possibilità di vedere se quello che ha incontrato, e visto, è vero: se Gesù può essere per tutti allora è anche per me.
D’altra parte la fatica di rendere ragione, che non è persuasione nè dialettica, consiste proprio nel mostrare a tutti ciò che è vero per sé.

Da duemila anni poi gli operai sono pochi. Gesù ha detto quelle parole e quelle parole valgono per sempre; ma cosa vorranno dire? Possiamo fermarci, come spesso siamo invitati a fare, perché cresca il numero dei sacerdoti? Non sarebbe davvero troppo riduttivo?
Sono sempre più persuaso che quelle parole siano per domandare che cresca sempre più nella Chiesa la coscienza che essere cristiani coincide con l’essere missionari. Spesso invece la comprensione della fede che abbiamo noi è che serva a noi, alla nostra vita. Mentre Gesù manda, non chiede di stare.


Il fatto che ci concepiamo “padroni” di noi stessi credo venga esemplificato dal modo con cui ci guardiamo: è infinito lo sforzo che applichiamo a cercare di cambiare la realtà per farla corrispondere a ciò che abbia deciso debba corrispondere.
Buffo è il fatto che poi mascheriamo tutto dietro la facciata del “così è meglio!”. Chi appartiene ha il solo bisogno di piacere a Colui cui appartiene.
Così come è solo di chi appartiene dire tutti i giorni: “O Dio, vieni a salvarmi!”, mentre nella logica del mondo uno prima di chiedere aiuto deve almeno provare a sfangarsela da solo, se poi annega magari prova a chiedere aiuto.


Commenti

Una risposta a “Giovedì 23 ottobre 2025”

  1. Rosella

    Ciao don mi ha colpito la frase che essere cristiani coincide con l’essere missionari
    Io fino lo scorso anno sono stata catechista nella mia Parrocchia ma poi per esigenze famigliari (faccio la nonna)ho dovuto rinunciare e questo mi pesa molto ,mi sembra di non poter dare di più.Avendo un pomeriggio libero dai nipotini ho dato la disponibilità per aiutare il gruppo del catechismo del mercoledì ma pare non abbiano bisogno e così ci sono rimasta male
    Forse sono troppo egocentrica ? vorrei tanto poter piacere al Signore

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