Spalancando ieri sera le finestre, in cerca di quel fresco annunciato ma sempre latitante, ho notato che il grande pioppo che sta dall’altra parte della via, quasi in fronte alle mie finestre, pianta magnifica sia per vegetazione che per imponenza, sta perdendo un sacco di foglie, come se fossimo in autunno.
La strada era piena di quelle innocenti foglie gialle che, credo, erano state sacrificate dalla pianta al caldo torrido e alla mancanza di acqua di questi giorni.
Al di là della immediata nostalgia dell’autunno, e delle sue temperature, mi ha colpito l’intelligenza della pianta che sacrifica una parte di sè per non soccombere per intero. Per vivere rinuncia a pezzi di vita, della sua vita.
Mi chiedevo se anche per noi, sia uomini che cristiani, non dovrebbe essere così: la rinuncia per vivere al meglio, non per rinunciare. Pensate a quante cose abbiamo rinunciato in questi giorni; avrebbero potuto esserci decine, migliaia di altri incontri, di cose fa re e vedere, eppure abbiamo goduto il tempo, rinuciando alla nostra naturale fame di tutto.
Quando lo scopo è evidente mi pare di dover dire che la rinuncia nemmeno la percepiamo, siamo lieti di aver fatto quello che conta.
Ancora una volta la questione è la consapevolezza che abbiamo della nostra vita, il punto non è sedersi e sopportare ma guardare come la vita intorno a noi “chiede l’eternità”, allora anche un pioppo che perde le foglie nella sera accaldata è segno di una logica che non è la nostra. Ma che, dovremmo chiedere, lo fosse.
Buona ripresa a chi ricomincia.
dalla liturgia ambrosiana:
Lunedì della X° domenica dopo PENTECOSTE
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».
Vangelo secondo Luca 11, 27-28.
La beatitudine non è la vicinanza a Gesù ma solo il vivere guardando a Lui. Anche questa è una sfida grande al nostro modo di considerare la fede; quando siamo innamorati di Cristo dobbiamo esserlo veramente, come lo siamo della persona più cara e importante sulla terra. Invece spesso il nostro “amore” a Gesù si ferma alla posizione adolescenziale del voler stare insieme. Abbiamo bisogno di sentirci vicini e non di vivere come Lui.
Invece Gesù ci sfida ancora proponendoci di amarlo imparando a costruire la nostra vita guardando Lui anche essendo “lontani” da Lui.
Gesù salvandoci ha fatto di noi degli uomini e delle donne compiuti e quindi capaci di affrontare la vita certi del proprio cuore.
Leggiamo il testo
dell‘Angelus di papa Leone
Cari fratelli e sorelle, buona domenica!
Oggi il Vangelo ci presenta un testo impegnativo (cfr Lc 12,49-53), in cui Gesù, con immagini forti e grande franchezza, dice ai discepoli che la sua missione, e anche quella di chi lo segue, non è tutta “rose e fiori”, ma è “segno di contraddizione” (cfr Lc 2,34).
Così dicendo, il Signore anticipa ciò che dovrà affrontare quando a Gerusalemme sarà osteggiato, arrestato, insultato, percosso, crocifisso; quando il suo messaggio, pur parlando d’amore e di giustizia, sarà rifiutato; quando i capi del popolo reagiranno con ferocia alla sua predicazione. Del resto, tante delle comunità a cui l’evangelista Luca si rivolgeva con i suoi scritti, vivevano la stessa esperienza. Erano, come ci dicono gli Atti degli Apostoli, comunità pacifiche che, pur con i loro limiti, cercavano di vivere al meglio il messaggio di carità del Maestro (cfr At 4,32-33). Eppure subivano persecuzioni.
Tutto questo ci ricorda che non sempre il bene trova, attorno a sé, una risposta positiva. Anzi a volte, proprio perché la sua bellezza infastidisce quelli che non lo accolgono, chi lo compie finisce coll’incontrare dure opposizioni, fino a subire prepotenze e soprusi. Agire nella verità costa, perché nel mondo c’è chi sceglie la menzogna, e perché il diavolo, approfittandone, spesso cerca di ostacolare l’agire dei buoni.
Gesù, però, ci invita, con il suo aiuto, a non arrenderci e a non omologarci a questa mentalità, ma a continuare ad agire per il bene nostro e di tutti, anche di chi ci fa soffrire. Ci invita a non rispondere alla prepotenza con la vendetta, ma a rimanere fedeli alla verità nella carità. I martiri ne danno testimonianza spargendo il sangue per la fede, ma anche noi, in circostanze e con modalità diverse, possiamo imitarli.
Pensiamo, ad esempio, al prezzo che deve pagare un buon genitore, se vuole educare bene i suoi figli, secondo principi sani: prima o poi dovrà saper dire qualche “no”, fare qualche correzione, e questo gli costerà sofferenza. Lo stesso vale per un insegnante che desideri formare correttamente i suoi alunni, per un professionista, un religioso, un politico, che si propongano di svolgere onestamente la loro missione, e per chiunque si sforzi di esercitare con coerenza, secondo gli insegnamenti del Vangelo, le proprie responsabilità.
Sant’Ignazio di Antiochia, in proposito, mentre era in viaggio verso Roma, dove avrebbe subito il martirio, scriveva ai cristiani di questa città: «Non voglio che voi siate accetti agli uomini, ma a Dio» (Lettera ai Romani, 2,1), e aggiungeva: «È bello per me morire in Gesù Cristo più che regnare sino ai confini della terra» (ibid., 6,1).
Fratelli e sorelle, chiediamo insieme a Maria, Regina dei Martiri, di aiutarci ad essere, in ogni circostanza, testimoni fedeli e coraggiosi del suo Figlio, e di sostenere i fratelli e le sorelle che oggi soffrono per la fede.
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Dopo l’Angelus
Cari fratelli e sorelle,
sono vicino alle popolazioni del Pakistan, dell’India e del Nepal colpite da violente alluvioni. Prego per le vittime e i loro familiari e per quanti soffrono a causa di questa calamità.
Preghiamo perché vadano a buon fine gli sforzi per far cessare le guerre e promuovere la pace; affinché, nelle trattative, si ponga sempre al primo posto il bene comune dei popoli.
In questo tempo estivo ricevo notizie di tante e svariate iniziative di animazione culturale e di evangelizzazione, organizzate spesso nei luoghi di vacanza. È bello vedere come la passione per il Vangelo stimola la creatività e l’impegno di gruppi e associazioni di ogni età. Penso, ad esempio, alla missione giovanile che si è svolta in questi giorni a Riccione. Ringrazio i promotori e quanti in diversi modi partecipano a tali eventi.
Saluto con affetto tutti voi presenti oggi qui a Castel Gandolfo.
In particolare, sono lieto di accogliere il gruppo AIDO di Coccaglio, che celebra 50 anni di impegno per la vita, i donatori di sangue AVIS venuti in bicicletta da Gavardo (Brescia), i giovani di Casarano e le religiose francescane di Sant’Antonio.
Benedico inoltre il grande pellegrinaggio al Santuario mariano di Piekary, in Polonia.
Auguro a tutti una buona domenica!
Buon inizio di settimana,
donC
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