Martedì 29 aprile 2025

Troppa gente!
Bastano due giorni di tranquillità e subito mi abituo. Così oggi al ritorno dei ritmi soliti di lavoro mi è come mancata l’aria, ho cominciato la giornata con la percezione di dover essere quello che non sono: uno capace di esserci sempre; una bella lista di persone da vedere, un paio di incontri da preparare e poi anche la fregatura: mi ero convinto di avere la serata libera, credevo di dover “tirare” tutto il giorno per poi concedermi la serata con un attimo di respiro; ma avevo dimenticato che anche la sera era occupata, e occupata dalla sdc per cui io stesso avevo preparato l’ordine del giorno. Figuratevi come mi sono sentito quando, nel pomeriggio mi sono reso conto che anche la sera aveva il suo bell’impegno! Mi sono trovato peso su peso.

Ma sarei falso se dicessi che non sono stato contento della giornata di ieri; quello che mi stupisce sempre è che devo sempre più chiaramente constatare che sono fatto per dire di sì, che la sola via per essere felice non è nel mio progetto di tranquillità ma nel coraggio di cedere a ciò che è chiesto. Ho bisogno solo di questo, per il resto vale quello che mia mamma diceva spesso, ora molto meno: “riposeremo in paradiso!”.


dalla liturgia ambrosiana:

Caterina nacque a Siena, presso la chiesa di S. Domenico, probabilmente nel 1347, ventiquattresima dei venticinque figli del tintore Giacomo Benincasa e della seconda moglie Lapa Piacenti. Caterina sentì precocemente la vocazione a consacrarsi totalmente al Signore nell’Ordine domenicano: fu inizialmente ostacolata, sia a livello familiare che istituzionale, ma dopo una grave malattia infettiva, che le deturpò il viso, poté vestire l’abito delle “ Mantellate” del terz’ordine domenicano. Restò però nella casa paterna, costruendosi lì lo spazio spirituale per quella che chiamò la “cella della mente”. Durante questo ritiro, che durò tre anni, Caterina parlerà solo con il suo padre spirituale. A vent’anni, le apparve, con Maria ed altri santi, Gesù che le diede l’anello nuziale e, in una successiva apparizione, le chiese di dedicarsi al rinnovamento della Chiesa. Estasi e visioni divennero consuete nella sua vita; il suo fervore fu ben presto notato e attorno a lei si formò una piccola comunità in cui i discepoli-segretari scrivevano le preghiere da lei pronunciate nel corso delle estasi.
Il Dialogo della Divina Provvidenza, la sua opera più importante, quasi la summa del suo pensiero teologico e della sua esperienza religiosa, è stata anch’essa dettata sotto ispirazione divina. Il suo intenso rapporto con Dio provocava in Caterina una straordinaria capacità di discernimento, anche a livello politico-ecclesiastico. Ormai uscita dalla vita nascosta, il suo ardito programma fu quello di riformare la Chiesa, di spronare i ministri ad abbandonare il lusso e la simonia, e ristabilire la santa sede a Roma.
Si pensò a lei quando si trattò di convincere il papa, residente in quel momento ad Avignone, a tornare a Roma. Gregorio XI tornò, ma poco dopo morì e divenne papa Urbano VI. Caterina, pensando d’aver ormai compiuto la sua missione, si dedicò alla riforma dell’Ordine Domenicano, al quale era legata come terziaria, dettando i suoi messaggi spirituali e prodigandosi con amore in ogni opera di misericordia. Ebbe una particolare attenzione per i malati, e con fermezza e dolcezza si fece mediatrice di pace tra le città e le famiglie in discordia. Mentre era intenta a quest’opera di risanamento spirituale, un gruppo di cardinali impugnò l’elezione di Urbano VI, eleggendo un antipapa con sede ad Avignone.
Caterina, chiamata dal papa stesso, corse nel 1378 in sua difesa a Roma. Qui visse i suoi ultimi anni continuando la sua attività di pacificazione e di esortazione, e prodigandosi per il bene di tutti, come già aveva fatto a Siena. Morì a soli 33 anni, il 29 aprile 1380, col cuore spezzato dal dolore per non aver potuto vedere la fine dello scisma.
Lasciò, come frutto maturo del suo pensiero, oltre al Dialogo della Divina Provvidenza, 382 lettere indirizzate a papi, religiosi, religiose e laici, 22 orazioni, 25 elevazioni scritte dai discepoli mentre era in estasi.
Nel 1461 fu canonizzata, nel 1939 proclamata patrona d’Italia e, nel 1970, dottore della Chiesa.

In quel tempo.
Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Vangelo secondo Matteo 25, 1-13.

Essere certi della Risurrezione di Cristo porta a guardare alla vita come a una grande attesa, come accade alle vergini del nostro brano evangelico di oggi: sono tese allo sposo perché certe del suo esserci.
E’ per questo che si è disposti anche ad aspettare, anche nel buio di questi tempi, c’è la guerra, non c’è il Papa, sembra che le nazioni camminino sempre più verso i soli loro interessi e non verso il bene di tutti, eppure l’uomo aspetta, perché lo sposo c’è.
Chiediamo, nella preghiera di questa giornata, che il Padre ci conceda di essere sempre più definiti dalla certezza dello sposo che viene per noi.
Vedrete che così sapremo anche rifornirci di tutto l’olio che serve!


Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO

2. Il mondo come parabola

La libertà gioca sè stessa in quell’area di gioco che si chiama segno. …
La libertà gioca dentro quest’area: in che senso? Essa agisce nell’area della dinamica del segno in quanto il segno è avvenimento da interpretare. La libertà si gioca nella interpretazione del segno.

Sembra, all’apparenza, che sia cosa evidente: la libertà è nella interpretazione; in realtà questa cosa è davvero lo spalancarsi di una serie infinita di domande: cosa significa interpretare? Quali sono gli strumenti per farlo? Che cosa è il frutto della interpretazione?
Credo che a questo punto si debba tenere presente che siamo alla fine del testo dove don Giussani ci ha insegnato a riconoscere che siamo costituiti di domanda e che quella domanda deve essere criterio per l’interpretazione della realtà che ci accade.


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