Tutto per Cristo.
Ieri ho passato gran parte della giornata a rimettere a posto e a lavare tutto ciò che avevo spostato e utilizzato per la convivenza dei due preti Usa. Dopo un’ora di faccende domestiche ero piuttosto stufo e il pericolo era quello di iniziare a fare tutto contro voglia, giusto perché “va fatto” e perché le persone che arriveranno in casa nei prossimi giorni hanno lo stesso diritto di essere accolte che ho riservato ai due sacerdoti.
D’altra parte ho dovuto constatare, ancora una volta, che fare il “casalingo” è un lavoro non solo monotono, ma anche davvero pesante.
In questo modo sono arrivato a due conclusioni; primo: fare le cose aspettando qualcuno è molto più leggero e lieto del fare perché “va fatto”. Secondo: quando fai le cose per Cristo allora sei libero dal risultato ma sei capace di amare ciò che fai e finisci con il farlo bene, passando da una parte all’altra della casa ho visto tante altre cose da fare, perchè la casa sia accogliente.
Andando a dormire, ieri sera, avevo la sensazione di non aver fatto granché per l’edificazione del mondo ma ero lieto perché questo “fare nascosto” era il sì a un Altro.
dalla liturgia ambrosiana:
Martedì della VII settimana dopo PASQUA
Memoria di san Carlo LWANGA
e dei suoi compagni martiri
Carlo Lwanga e i suoi ventuno compagni furono canonizzati durante la terza sessione del Concilio Vaticano II, nel 1964. Protomartiri dell’Africa nera, uccisi in Uganda fra il maggio del 1886 e il gennaio del 1887, sono ricordati in questa data perché il 3 giugno 1886 Carlo Lwanga morì bruciato a Rubaga. Questi martiri sono le primizie di un centinaio di cristiani, cattolici e anglicani, vittime delle persecuzioni del vizioso re Mwanga, nella regione dei Grandi Laghi.
Carlo Lwanga, primo paggio di corte, aveva dovuto difendere la purezza degli altri paggi, suoi compagni, contro il re, e dopo la condanna preparò i suoi fedelissimi al martirio. In seguito alla sentenza di morte, i giovani, tutti al di sotto dei vent’anni, figli di notabili, salivano la collina di Namugongo portando ognuno sulle spalle una fascina di legna, che servì per il rogo che li arse vivi.
Secondo un’antica tradizione, all’ultimo momento, tre di loro, a sorte, furono graziati. La testimonianza dei tre superstiti ci ha fornito il racconto del loro martirio. Questo massacro era l’epilogo di una storia gloriosa e dolorosa nello stesso tempo, nella quale evangelizzazione e colonialismo si intrecciavano con le vicende del regno di Buganda, la regione che ora fa parte dell’Uganda.
La fioritura della Chiesa in Uganda è frutto del sangue dei suoi martiri. Carla Lwanga è stato dichiarato, nel 1934, patrono dell’Azione Cattolica e della gioventù africana.
In quel tempo.
Vangelo secondo Giovanni 15,9-11.
Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”.
Quando amiamo siamo portati a pensare che il nostro amore sia unico, per forma e per consistenza, che nell’insieme delle galassie non ci sia null’altro di altrettanto vero ed esaltante (lo canta anche Jovanotti). Eppure Gesù ci ricorda ancora una volta che il suo amore lui lo ha imparato e visto nell’amore del Padre.
Amare è frutto di una istintività e di una passione oppure è il frutto maturo di una imitazione?
Evidentemente Gesù propende per la seconda ipotesi di risposta: si ama così come si è amati.

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 13
Educazione alla libertà
3. L’esperienza del rischio
Occorre nuovamente osservare che le cose più necessarie per vivere la natura rende all’uomo assolutamente facile il percepirle. Di tutte le cose necessarie per vivere quella più necessaria è l’intuizione dell’esistenza del perchè, del significato, è l’esistenza del Dio.
Buon per noi che conosciamo a cosa corrisponde il perché delle cose, quella ragione ultima che dona senso a tutto.
Le parole di don Giussani non ci portano alla scoperta di una cosa nuova, lui, e noi, l’abbiamo ripetuta centinaia di volte. Ma questo è nuovamente il momento per renderci conto della grazia ci è toccata trovando la risposta prima ancora di avere la domanda.
Il punto è se avere la risposta, avere incontrato Gesù, si accompagna per noi alla coscienza che questa è la cosa più necessaria tra quelle necessarie per vivere.
Buona giornata,
donC
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