Una delle cose che si raccontano, e sono ben documentate, è che il buon Duccio non fosse proprio un pittore “spirituale”, ci sono segni evidenti della sua umanità in diverse multe ricevute per i continui ritardi nella esecuzione delle opere, penale comminate per opere fatte non rispettando i canoni pattuiti; addirittura pretesero che la bottega della Maestà fosse sempre aperta a tutti perché tutti potessero vedere con i propri occhi, e controllare, il procedere dei lavori.
Eppure questa umanità di Duccio non si contrappone al Mistero che rende evidente con il suo lavoro. Gesù usa di noi per attraversarci, per farci segno della Sua potenza creatrice.
La genialità è quindi un bene concesso per edificare il mondo e la Chiesa e a questo serve anche quando il genio è un disastro umano. Ricordiamolo, quando pretendiamo la coerenza.
La “tavoletta” che guardiamo oggi (50 per 53 cm) è un segno di tutto ciò. Possiamo vedere in modo netto la grandezza d’animo di Duccio e la sua fede frutto di uno sguardo all’uomo “attento, e anche tenero e appassionato”, le sottolineature che vengono messe in gioco sono davvero una lettura spirituale. Guardiamo oggi, insieme, la scena del commiato di Gesù dai suoi apostoli, un episodio che vuole rendere la parte finale del lungo discorso d’addio di Gesù, siamo nel vangelo di Giovanni, al termine del capitolo 16. Un commiato che diviene l’occasione del nuovo annuncio della Passione.
Cominciamo con il notare una cosa evidente: se guardate l’immagine sotto, la riproduzione del verso della Maestà, potrete intuire, magari ingrandendo la foto, in basso a sinistra che ci sono tre formelle con la stessa ambientazione: commiato di Gesù dai discepoli, lavanda dei piedi e ultima cena, sono racchiuse dentro la stessa stanza, come a suggerire il nesso temporale tra le scene stesse. Da notare che la stanza è prospetticamente costruita in modo tale da costringere l’occhio a entrare nella scena.

Cosa c’è di specifico e interessante in questa piccola icona? Innanzitutto lo sfondo: credo tutti vi siate chiesti il perché di quel palo lungo l’intera stanza, sembra proprio uno stendino, impressione che viene rafforzata poi da quel telo steso: gli studiosi dicono che quello è il velo sindonico dentro cui sarà accolto il corpo di Gesù; come una prospettiva che fisicamente richiama ciò che sta per accadere. Ulteriore conferma ci viene dal modo con cui il telo è steso: esattamente come viene disposto ancora oggi sulle croci quaresimali.

Il punto vero però, quello che mi commuove è la scena intera: non c’è riferimento a fatti descritti dal vangelo, è solo il frutto della sensibilità geniale del pittore: abbiamo il gruppo degli undici apostoli, Giuda è già scomparso, che letteralmente pendono dalle labbra di Gesù, sono così attenti davanti al Maestro che sono un’unica massa mentre le pose dicono di una concentrazione e un silenzio impressionante, nessuno è distratto e nessuno è scomposto. Lo guardano parlare, per usare un’espressione a me carissima.
Importante il piede di Pietro in primo piano che richiama alla scena della lavanda che nel vangelo di Giovanni è appena accaduta: quel piede anche un pò fuori misura è il segno del sì. Ora Pietro è lì tutto per Gesù.
Tenete sempre conto delle porte aperte nella scena: sono l’invito a entrare, come dicevamo ieri, ma sono anche il segno che tutto questo accade davanti a tutti.
L’episodio
dalla liturgia ambrosiana:
Lunedì della settimana AUTENTICA
In quel tempo.
Vangelo secondo Matteo 26,1-5.
Terminati tutti questi discorsi, il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso». Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e tennero consiglio per catturare Gesù con un inganno e farlo morire. Dicevano però: «Non durante la festa, perché non avvenga una rivolta fra il popolo».
“Fra due giorni è la Pasqua”, il tempo si misura nell’attesa del fatto che definisce il senso e lo scopo. Gesù aspetta la Pasqua e quell’attesa misura tutto. Le nostre stesse giornate nascono con dentro un’attesa che ci rivela dove stiamo guardando, e cosa stiamo aspettando. E forse oggi vale la pena chiederci se ci stiamo preparando alla celebrazione della Passione di Cristo per noi o se siamo, come solito, distratti dai problemi dalla nostra esistenza quotidiana.
Secondo: in una società, e in un tempo, dove solitamente uno decideva per tutti, abbiamo davanti agli occhi una decisione presa in comune accordo: tutti danno il loro assenso perchè Gesù sia arrestato e poi ucciso. E credo che la sottolineatura sia nata dal bisogno di mostrarci che c’è una responsabilità comune e personale, non possiamo permetterci di dare colpe a nessuno perché tutti hanno emesso la loro condanna.
Siamo nella situazione per cui la maggioranza decide ma è solo la foglia di fico dietro cui si cela la scelta di ciascuno. La passione e morte di Gesù è anche scelta mia.
“Perché non avvenga una rivolta tra il popolo”; che meraviglia! Sono sereni sul fatto di mettere a morte una persona ma si preoccupano che il popolo non ne possa essere turbato.
Accade sempre così: quando qualcuno decide per tutti ha il bisogno di non scontentare tutti; capi dei sacerdoti e anziani sono attenti a che Gesù sparisca senza essere troppo notato, sarebbe un ostacolo al loro progetto e metterebbe in discussione tutto il loro potere.
Anche noi rischiamo di fare così: quando facciamo qualcosa di sbagliato cerchiamo di zittire le coscienze di coloro che abbiamo intorno perché, a loro volta, non sveglino le nostre e si debba poi riconsiderare tutto.
Buon martedì della settimana Santa,
donC
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