Amare ancora.
Anche ieri ho visto una coppia che sta per sposarsi.
In queste ultime settimane ho celebrato, e celebrerò, un sacco di matrimoni; e per me questa rimane una delle grazie più belle. E non mi riferisco alla bellezza delle feste dopo la celebrazione, momenti a cui non partecipo mai, ma alle pure e semplici celebrazioni: al gesto in cui la volontà di due ragazzi viene presa e unita per sempre dalla presenza di Gesù.
Mi stupisce sempre: due amanti che hanno il potere di “chiamare” Dio stesso come testimone del loro volersi bene e che si trovano uniti in qualcosa che non sanno nemmeno come si svilupperà nella vita.
Non credo che ci sia cosa più misteriosa di un matrimonio.
E l’esserne testimone mi colpisce e mi spalanca allo stupore e alla gratitudine.
C’è la guerra, c’è l’incertezza economica, e quasi la metà dei matrimoni finiscono nei primi anni del loro esistere. Eppure pare sempre naturale che un rapporto vero gridi il bisogno di un “per sempre”.
Siamo invincibilmente portati all’ottimismo, al bene della vita; da soli abbiamo costruito morte e distruzione, e non mi riferisco solo al frutto delle guerre, quanto piuttosto al voler essere padroni del nostro destino (desiderio dentro cui sono originati tutti i conflitti), ma restiamo sempre desiderosi di un infinito che ci porta a chiedere tutto, anche quello che pare impossibile.
E’ questo desiderio di bene che nessun male potrà mai vincere.
Guardare questo fatto mi ridona la gioia di iniziare dicendo: “chissà cosa c’è per me oggi?”.
Che bello vivere nell’attesa!
dalla liturgia ambrosiana:
Mercoledì della I° domenica dopo PENTECOSTE
In quel tempo.
Vangelo secondo Luca 4, 38-41.
Uscito dalla sinagoga, il Signore Gesù entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva. Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Solitamente i miracoli di Gesù accadono per due ragioni: o li usa perché hanno lo scopo di mostrare che quello che ha detto è vero: tant’è che compie l’impossibile oppure sono miracoli frutto solo della commozione e della gratuità. Qui Gesù si china su una banalissima febbre perché quella donna è, quasi sicuramente, la padrona di casa di Gesù, colei che lo ospita. Gesù non è superiore alla gratitudine, anche per lui l’attenzione a chi ti accoglie è un dovere. A cui risponde immediatamente.
“Al calar del sole”. Quando dovrebbe vincere il buio, quando dovrebbe vincere la notte, e non Gesù, ecco affermarsi la sua Opera: la salvezza delle persone. credo che anche questo sia un segno della grande passione di Cristo per l’uomo, lo afferma anche quando sarebbe opportuno fermarsi; Gesù guarisce chi lo cerca.
Quanto cerchiamo Gesù, magari anche nel buio della sera?

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 13
Educazione alla libertà
3. L’esperienza del rischio
Impedire l’espressione comunitaria è come tagliare alle radici la alimentazione della pianta; la pianta poco dopo muore.
Ieri con alcuni altri cappellani universitari, mentre pranzavamo, ragionavamo sulle fatiche dei ragazzi, sulla fragilità di molti e sul dolore che avvolge l’esistenza di giovani uomini e donne poco più che ventenni. A me martellavano in testa le frasi di questa parte della SdC: la fragilità è data dalla mancanza di una vita comune; che non significa ridurre tutto a dei gesti o a una certa “formazione” quanto piuttosto all’idea che senza un luogo si cresce senza poter guardare nessuno che “gratuitamente” mostri la vita in tutta la sua bellezza.
Oggi mancano i posti dove, oltre al singolo, si affermi una posizione comunitaria.
Buon mercoledì,
donC
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