Mercoledì 19 febbraio 2025

Avevo aperto anche con un pò di anticipo.

Ieri mattina alle 7,30 in punto aprivo le porte della chiesa, ed ero contento della mia puntualità gratuita; le prime persone infatti arrivano verso le 7 e 40. Ma la gioia è durata poco.

Alle 7,35 c’era una persona che mi chiedeva la possibilità della confessione; la cosa mi ha sempre un pò scioccato perché diciamo che quello della confessione non è proprio il mio primo pensiero alzandomi la mattina e dall’altra parte mi chiedo sempre se sia sensato questo correre a confessarsi. Corsa che invece dovremmo fare se fossimo in pericolo di morte, volendo evitarci almeno l’inferno.

Non avendo particolari obiezioni, e avendo preparato l’altare per la Messa la sera prima, ho assolto il penitente mattiniero. Ma qualcosa in me strideva.

Cosa non mi quadrava l’ho capito ieri pomeriggio, ascoltando un ragazzo: se si parte dal peccato e non dalla grandezza dell’incontro fatto si rischia di essere schiacciati dal senso di colpa e dal giudizio negativo sulla nostra vita. Insomma è come se avessimo il dubbio che Cristo abbia davvero vinto, Che il bene è più forte del male. Così la vita di fede diviene la lotta titanica per la mia fedeltà, cosa del resto impossibile.

Cristo è risorto! E questo ci rende vincitori sempre, per questo ci confessiamo fedelmente e con cura, ma senza dubitare che la vittoria di Cristo sul male è certa. Solo così il perdono è festa: è la partecipazione di una vittoria.


dalla liturgia ambrosiana:

In quel tempo.
Il Signore Gesù e i discepoli giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Vangelo secondo Marco 9,33-37.

Che bello deve essere stato quel chiacchierare, in casa, al fresco dopo tutto il sole del cammino, nella sabbia e nella polvere. La casa di Pietro la immagine piena di penombra, con tanto silenzio e confidenza. Ciascuno aveva fatto la strada come voleva: alcuni avevano chiacchierato, altri, come Gesù avevano sopportato, in silenzio, e con la compagnia dei loro pensieri, la fatica del cammino.

Ma ora in casa tutto fluiva verso il cuore, il centro di quel focolare che dava ristoro e sicurezza, ugualmente e a ciascuno. Chi non avrebbe dato tutto per quell’amicizia, per quei volti e per Gesù? Servire era la cosa più naturale che si poteva desiderare stando in quel luogo; e i discepoli le parole di Gesù le capirono molto bene, perchè erano dette in quel luogo.

Tutti noi abbiamo una casa, anche se magari non proprio a Cafarnao.


Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO

3. Negazione irrazionale

 Quelle esigenze ultime di cui abbiamo parlato non sono niente altro che il determinarsi del tentativo inesausto di cercare risposta alle domande: perché? Come? Non ci si arresta mai.

Le domande ultime non ci sono perchè le faccio esistere io ma ci sono “dentro” le cose, sono quella che i filosofi chiamano la struttura ontologica della realtà. E questo mi sorprende perché in questo modo si certifica una cosa che sappiamo ma che così rende interessante ogni cosa: la realtà è sempre segno. Anche quando è negativa, anche quando è dura e non ci piace. La realtà c’è perché possano emergere le domande ultime, e loro ci sono per condurci alla Risposta ultima.


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