Ieri due piccoli fatti: camminando mi sono imbattuto in una giovanissima donna che spingeva un passeggino, dentro il quale, ben protetto dal sole e dal fresco, c’era un bambino davvero neo-nato; quella donna mi ha sorpreso per il sorriso che aveva, altro che trentadue denti! La cosa mi ha rallegrato perché mi sono scoperto a pensare a lei come all’esempio della strada da percorrere per essere felici.
E, per mia fortuna, e di tutti i maschietti, non si tratta necessariamente del fatto di essere mamma. Lei era felice davvero e credo lo fosse per la miscela esplosiva di due qualità: una mamma dona la vita, sia perché fa essere sia perché dona sé per quella creatura e, secondo, lei ha accolto la vita, per come è venuta, per come gli è stata data.
Abbracciare e dare tutto sono passi completamente contrari al possesso e al trattenere, questo ci fa felici.
Secondo: mentre il parrucchiere faceva il suo lavoro vedevo che in alcuni punti del mio cranio si soffermava e tagliava di più, in altri meno; così mi sono reso conto che forse era solo nella mia immaginazione di bambino che i capelli dovessero crescere tutti insieme e alla stessa velocità. Credo sia plausibile pensare, non sono un tricologo, che la peluria che ci ricopre, chi più chi meno, sia adeguata ai vari punti del nostro corpo. E cosa c’è da stupirsi? Semplicemente il fatto che chi ci ha pensato ha pensato anche alla velocità di crescita dei nostri capelli, non solo li ha pensati e voluti uno a uno ma li ha anche fatti diversi tra di loro! Quindi come si fa a non voler bene anche ai nostri singoli capelli, che ci ricordano chi li ha fatti?
dalla liturgia ambrosiana:
Mercoledì dell’ultima domenica dopo l’EPIFANIA
In quel tempo.
Vangelo secondo Marco 12,38-44.
Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
«Tutto»; questo termine ha segnato e segna sempre più la vita. Come si può vivere senza dare tutto, senza amare sino all’ultimo pensiero, come si può dare tutto senza che questo significhi svuotarsi completamente? Questa totalità è però circondata dalla barriera della nostra ricchezza che non riesce e non vuole cedere alla estrema convenienza del dare senza misura: in fondo è più facile cedere alla lusinga dell’essere riconosciuti, dell’essere considerati come tutti ma meglio di altri.
Dobbiamo proprio chiedere il dono della conversione; la vedova povera è una donna libera e confidente, perché la fede o esiste come dono totale di sé oppure finiremo a guardare a Gesù come si guarda a una fonte di ispirazione, ma non come al senso e alla ragione della vita.

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 11
Esperienza del segno
4. Carattere esigenziale della vita.
L’umanità di una società, la sua civiltà, è determinata dall’aiuto che l’educazione di essa dà a mantenere spalancata questa apertura insaziabile, attraverso tutti i comodi e gli interessi che prematuramente la vorrebbero chiudere.
Non è l’efficienza, e neppure l’inclusione, ciò che caratterizza l’umanità di una società ma solo la sua capacità di mantenere la persona aperta alle sue domande più grandi e vere. Se questo è ciò che fa umana la società allora dobbiamo dire che viviamo in un tempo disumano, dove la domanda viene “saziata” appena nasce in modo tale che non vada oltre il desiderio di qualcosa di concreto ed effimero.
Una società di sazi e dormienti è quello che interessa oggi. Occorre non disturbare il manovratore mentre il treno procede sicuro verso il suo schianto: chiedere di poter vivere guardando dentro al nostro cuore oggi è il vero l’elemento sovversivo che ci è dato per cambiare la società che ci plasma.
Buon mercoledì.
donC
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