Venerdì 10 gennaio 2025

La cosa che mi stupisce di più in questi giorni è possibile descriverla così, sinteticamente e quindi un pò astrattamente: la scoperta nella carne che si può essere lieti anche nella fatica e nel dolore. E non sto dicendo: in pace, ma proprio lieti, contenti.

E’ davvero un grande dono quello che il buon Dio mi fa: vivere in mezzo alla gente potendo vedere quello che Lui opera in coloro che hanno la libertà di vivere sino in fondo la propria umanità; così si vive senza rinunciare a nulla e senza che nulla possa limitare la portata del desiderio del proprio cuore.

Il lunedì, mercoledì e venerdì mattina mentre scendo in chiesa passo sempre a salutare il signore egiziano che fa la pulizia delle aule dell’oratorio; nei mesi scorsi anche lui è stato operato alla schiena e spesso ci siamo parlati delle fatiche e dei progressi del dopo operazione. Lui parla un italiano che certe volte nemmeno capisco e non conosce tutte le parole della nostra lingua. Ma lavora con solerzia e, per quanto può, con cura. Comincia a pulire alle 5,15 e va avanti fino alle 8,30; spesso lo sento trafficare nelle aule e per le scale mentre io mi alzo e faccio il blog o le mie cose.

Dopo Natale ho notato che non mi saluta più solo a voce, come facciamo noi, ma lo fa come si usa nei paesi arabi, mettendo una mano al cuore. La cosa mi ha colpito perchè quell’uomo avrebbe tutto il diritto di essere scontento, di lamentarsi e di vedere tutta la fatica che deve fare per vivere dignitosamente, eppure si rivolge a me, alle sette del mattino, andando ben oltre la formalità del comune e usuale “buon giorno”. Contento di un cuore che ci mette insieme.


dalla liturgia ambrosiana:

In quel tempo.
Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Vangelo secondo Matteo 22,1-14

Ciò che non deve venire meno è la festa di nozze per il figlio del re. Non importa chi c’è ma occorre fare quella festa. E, in fondo, la cosa è comprensibile: non è possibile che il Padre mandi il Figlio sulla terra senza che abbia a cuore che l’Amore trionfi; non importa chi sarà ad accoglierlo ma occorre che qualcuno lo accolga.

Per questo nel regno ci sono buoni e cattivi: il punto non è la coerenza morale, l’essere buoni, ma il desiderio che abita il cuore. Quindi per noi la domanda diviene: dato per certo che se stai leggendo quel desiderio c’è, come si mantiene un cuore desideroso del banchetto del regno? 

La sola possibilità di risposta è in quell’avere la veste nuziale … e quindi cos’è per te il vestito per la festa?


Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO

1. Lo stupore della “presenza”

    E’ questo stupore che desta la domanda ultima dentro di noi: non una registrazione a freddo, ma meraviglia gravida di attrattiva, come una passività in cui nello stesso istante viene concepita l’attrattiva. … La religiosità è anzitutto l’affermarsi e lo svilupparsi dell’attrattiva.


Così è stato per ciascuno di noi: prima abbiamo detto di sì a una proposta, a dei volti e poi ci siamo protesi nel tentativo di “prendere” quello che avveniva davanti ai nostri occhi. Come accade ai bambini piccoli: c’è un istante che trascorre tra quando vedono una cosa e quando si protendono per afferrarla e quel protendersi è letterale, è uno sbilanciarsi vero. Il sì a Cristo è della stessa natura: ci protendiamo verso una cosa che ci ha affascinato -un termine che mi piace di più della parola attrattiva- e desideriamo nel contempo dare tutto, fino a sbilanciarci. Come bambini.


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