Ieri sera presentazione della lettera pastorale del Vescovo alle parrocchie del decanato. Introdotti dal vescovo ausiliare per la città di Milano si è cominciato e riprendere i contenuti inerenti alla lettera.
Dopo una qualche esitazione sono iniziati gli interventi: alcuni dicevano una cosa, altri ne sottolineavano un’altra; e così si è proceduto per oltre un’ora e mezza, quando alle conclusioni felici della moderatrice per la bellissima serata sentivo intorno a me commenti non altrettanto entusiastici.
Mi capita, ultimamente, di avere questa sensazione: della Chiesa come di un luogo dove tutti parlano insieme, ciascuno proponendo la propria visione delle cose e senza che poi nessuno ascolti e, ancor peggio, senza che nessuno smetta di ascoltare solo sé stesso.
Così ciascuno ha da sostenere, e difendere, la propria visione delle cose: c’è chi ha evidente davanti agli occhi la grande crisi, e inadeguatezza della Chiesa, con la relativa necessità di cambiamento, e nella stessa sera senti chi dice che questa condizione è preziosa perchè è un nuovo inizio, chi dice che i numeri che calano sono segni di qualcosa altri che non sono interessati ai numeri che dicono che non ha senso preoccuparsi della realtà, occorre viverla.
Spesso ci accaniamo sul come fare le cose.
Ieri sera abbiamo parlato sempre della Chiesa, del come dovrebbe essere, io vorrei che ci si richiamasse a Gesù, che si parlasse di Gesù.
Perchè in fondo tutto il resto viene da qui: “la bocca parla della pienezza del cuore”. Di che pienezza parla un cuore pieno solo di programmi e progetti, di analisi e di idee?
Il Cristianesimo mi pare come un continuo, eterno nuovo inizio. E per questo la vita dei cristiani dovrebbe essere piena di “ingenua baldanza”.
dalla liturgia ambrosiana:
Venerdì della IV° settimana dopo il martirio del Precursore
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù istruiva il popolo nel tempio e annunciava il Vangelo, sopraggiunsero i capi dei sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: «Spiegaci con quale autorità fai queste cose o chi è che ti ha dato questa autorità». E Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una domanda. Ditemi: il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini?». Allora essi ragionavano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché non gli avete creduto?”. Se invece diciamo: “Dagli uomini”, tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni sia un profeta». Risposero quindi di non saperlo. E Gesù disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Vangelo secondo Luca 20, 1-8.
Dalle prime righe di questo vangelo riconosco una posizione che spesso è anche mia: stiamo di fronte alle cose che non ci piacciono chiedendo le ragioni, chiedendo “perché”. I capi dei sacerdoti e gli scribi non vogliono dar retta a Gesù e per questo chiedono le ragioni, ed è quello che spesso faccio anch’io con ciò che non mi aggrada.
Eppure c’è anche un modo di chiedere il perchè che non coincide con questa posizione di chiusura. Quando posso vedere la mia domanda fiorire come positiva? Quando l’avvenimento o la persona che ho davanti mi colpisce sino allo stupore, quando una cosa mi stupisce davvero chiedo immediatamente: “perché?”. Ma lo sguardo e il tono sono quelli della commozione e della gratitudine.
Di fronte alla pretesa delle ragioni Gesù fa una mossa spettacolare, pone un’altra domanda: come per affermare che a lui non interessa per nulla che noi diciamo e facciamo le cose giuste, gli interessa sommamente che possiamo usare la ragione e quindi la libertà per comprendere ciò che è vero.
A Gesù non interessano dei seguaci ma dei discepoli.

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 15
L’ipotesi della rivelazione: Condizioni della sua accettabilità
Ma l’ipotesi della Rivelazione non può essere distrutta da alcun preconcetto o da alcuna opzione. Essa pone una questione di fatto, cui la natura del cuore è originalmente aperta. Occorre per la riuscita della vita che questa apertura rimanga determinante. Il destino del «senso religioso» è totalmente legato ad essa.
Questo è l’ultimo pezzo della nostra ripresa de “Il senso religioso”.
“Per la riuscita della vita” … non abbiamo appreso una lettura dell’umano, una sua interpretazione e spiegazione, abbiamo posto le basi per sostenere la “riuscita” stessa della vita.
il senso religioso è quindi uno strumento e non una riflessione: solo a chi sa vivere con libertà e pienezza la propria umanità potrà capitare di arrivare al ragionevole bisogno della Rivelazione.
E notate che qui l’iniziale è maiuscola, mentre prima no.
Buon venerdì,
donC
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