Venerdì 3 ottobre 2025

La giornata di ieri è stata segnata dalla attualità; da quel tentativo romantico e strampalato di portare i viveri fin dentro una guerra, che prima che un gesto politico, voglio fidarmi, è un gesto umano.
Per questo quelle barche in mezzo al mare hanno generato in ciascuno di noi, almeno per un istante, la domanda: che cosa si può fare?
Possiamo dibattere, accapigliarci e, se volete, anche insultarci, ma la domanda alla fine resta quella: per quella gente che muore, e che non ha colpa, cosa posso fare io? Perché a nessuno piace stare a guardare il compiersi di un’ingiustizia.

Forte del poco latino che mi è rimasto dai miei studi classici sono partito dalle parole illuminate di Terenzio: «Homo sum, humani nihil a me alienum puto»; quelle parole scritte circa 150 anni prima di Gesù, potremmo intenderle così: è nella mia natura occuparmi di tutte le cose umane.
Questo significa che può anche costarci ma, ne va della nostra umanità, se non teniamo gli occhi puntati su ciò che sta accadendo: vedere e sentire è il primo passo per poter vivere sentendo e vedendo.
Altrimenti saremo come manichini che camminano guardando il cellulare a testa bassa, senza conoscere né noi né coloro che ci stanno vicino.

Secondo: la domanda; papa Francesco prima, e papa Leone poi, ci esortano continuamente alla preghiera per la pace. E questo è frutto del vedere e del sentire: di fronte all’ingiustizia verso la creatura viene spontaneo rivolgersi al Creatore e chiedere: “perché?”. E questo voler capire diviene presto la richiesta che tutto possa tornare presto alla pace. L’intercessione non è un impegno è la domanda di veder cessare il dolore che si fa insistente.

Terzo: se vedo soffrire, il nesso di origine che ho con chi soffre mi porta immediatamente il bisogno di far qualcosa, e le cose che possiamo fare non sono a Gaza, sono anche qui, ora.
I cristiani hanno “conquistato” il mondo non per un calcolo o una strategia ma per aver vissuto davanti a tutti la loro fede, collaborando alla costruzione della società.

Scusate la lunghezza e il tono ma in quasti giorni dobbiamo proprio stare a ciò che sta accadendo.


dalla liturgia ambrosiana:

In quel tempo. Mentre tutto il popolo ascoltava, il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dagli scribi, che vogliono passeggiare in lunghe vesti e si compiacciono di essere salutati nelle piazze, di avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti; divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

Vangelo secondo Luca 20, 45-47.

Un pochino populista lo era anche Gesù!
Vede che li stanno “spiando” e allora si lascia andare a dire quello che credo tutto il popolo pensava: gli scribi sono una casta.
il punto è che Gesù non ha bisogno di voti. E non deve sostituirsi a nessun altro potente; semplicemente nota, e fa notare, che certi atteggiamenti sono frutto di una vera mancanza di fede. Per questo gli scribi non saranno condannati per essere dei vanesi ma per questo credere in sé stessi: da qui viene una condanna “più severa”; altrimenti non si capisce la ragione di questa durezza.
Tutto della vita dovrebbe essere definito dal rapporto con Gesù, altrimenti viviamo credendo in noi stessi, cercando, nella nostra miseria, di essere i divi di chi ci sta intorno.


Papa Leone, dopo averci indicato lo scopo dei carismi traduce in concreto la passione per Gesù: unità, comunione, fraternità. Termini sui quali varrebbe la pena soffermarsi per comprendere al meglio lo scopo dei carismi.
D’altra parte quei tre termini sono da comprendere, ci dice il papa, come una responsabilità: vivere tra noi e davanti a tutti queste tre parole-indicazioni.


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