Ho dormito male.
Ieri sera sono anche andato a dormire prima del solito, nella speranza di dormire un pochino di più e alzarmi presto questa mattina; il programma era quello di fare una passeggiata all’alba per le vie di Milano, nella coscienza che una giornata iniziata presto ha davvero molte più possibilità di una in cui lasci che le cose accadano.
Ma ieri sera è successo che Karim mi ha fermato chiedendomi di comprare dell’Autan perché la notte le zanzare lo stanno mangiando, e stare all’aperto da questo punto di vista è davvero inquietante.
Così sono andato a comprare il prodotto che mi aveva chiesto.
Ero al termine di una giornata di tranquilla bellezza: letture, lavoro e incontri, incontrando Karim si sono fatti da parte mentre si è risvegliato il mio cuore, e poi la mia coscienza; dapprima mi sono difeso dicendo a me, e a lui, che davvero c’è bisogno che lui torni al suo paese, non perchè in Algeria non ci sono le zanzare, ma perché almeno lì ci sarebbe una famiglia, degli affetti che si possano prendere cura di lui. Ma quell’esile muro di difesa non ha retto a lungo. Specie quando, entrando in camera da letto, ho acceso il mio bel condizionatore.
Lui era sul tappeto della chiesa con le zanzare, io nel mio letto fresco e pulito con il condizionatore.
Nel buio della mia stanza mi ha fatto compagnia a lungo una domanda: Signore, mi hai dato di più perché io dia di più, fammi vedere che cosa significa. Vorrei poter amare come sono amato.
dalla liturgia ambrosiana:
Giovedì della VIII° domenica dopo PENTECOSTE
memoria di san Domenico, sacerdote
Nato attorno al 1171 a Caleruega, un villaggio montano della Vecchia Castiglia, educato fino ai 14 anni da uno zio arciprete, Domenico si trasferì poi a Palencia per studiare le arti liberali e poi la teologia nelle celebri scuole di quella città. Terminati gli studi, entrò tra i Canonici regolari della cattedrale di Osma dove viene consacrato sacerdote. Nel 1204, accompagnando in una missione diplomatica il suo vescovo Diego, attraversò la Francia meridionale in mano agli eretici catari. In questa regione il papa Innocenzo III gli chiederà di rimanere e di prestare la sua opera per ricondurre gli erranti alla vera fede.
Saranno anni di intensa attività: predicazione, dibattiti, colloqui personali, opera di persuasione, preghiera e penitenza; mentre Domenico va elaborando il suo progetto di dare alla predicazione forma stabile e organizzata. A Tolosa, nel 1215, con alcuni amici che si era stretti intorno a lui, realizzerà questo progetto fondando l’Ordine dei Frati Predicatori; nel quale alla povertà evangelica e alla predicazione ambulante si aggiungeva anche lo studio accurato.
Domenico voleva infatti formare delle comunità che fossero centri di studio, fucine di cultura sacra e preparassero con ogni cura i missionari, gli annunciatori del vangelo di Gesù. Per l’approvazione dovette scegliere una regola già esistente, e la scelta cadde sulla Regola di sant’Agostino. Nel 1218 Onorio III darà al nuovo Ordine l’approvazione ufficiale e definitiva. Domenico disseminerà i suoi figli in tutta Europa, inviandoli soprattutto nei centri universitari più importanti del tempo: Parigi e Bologna. E prodigherà tutte le sue energie alla diffusione della sua opera, fino alla morte che lo colse, estenuato dal lavoro apostolico e dalle penitenze, nell’amato convento di Bologna il 5 agosto del 1221.
Gregorio IX, che gli era legato da profonda amicizia, lo canonizzerà nel 1234. San Domenico è rappresentato spesso con una stella in fronte, simbolo della sapienza, con il libro, per il suo amore alla Scrittura, e con un giglio, emblema della purezza ma anche del suo culto alla Vergine. Le sue reliquie si custodiscono nella preziosa arca marmorea scolpita da Nicola Pisano in una cappella della chiesa di S. Domenico, in Bologna. Il popolo bolognese lo riconosce come “ Patrono e Difensore perpetuo della città”.
In quel tempo. Mentre erano in cammino, il Signore Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Vangelo secondo Luca 10, 38-42.
Marta ha un pregio che credo non abbiano tutti, a cominciare da me, se ha qualcosa che non le va, lo dice e lo dice chiaramente. E questo oggi è necessario sia nella vita della Chiesa che in questo scalcagnato mondo. Questa è sempre stata una virtù molto importante e si chiama parresia, la libertà di dire la verità delle cose.
Marta riconosce la sua fatica e non la “cova” la dice; non si ferma nemmeno di fronte a Gesù, non ha paura di poter dire qualcosa di dirompente, non ha paura di scandalizzare, dice quello che pensa e basta. E’ così certa dell’amicizia con Gesù che non ha paura a dire quello che le urge, anche se questo va contro sua sorella, questo è quello che lei capisce e questo domanda.
Ma Maria ha scelto la parte migliore.
Questo è un dato che nessuno potrà mai contestare: state davanti a Gesù è meglio che servirlo. Detto questo diciamo che forse occorre fare una specificazione per comprendere al meglio le parole di Gesù.
Il dovere dell’accoglienza era un dato di fede e di cultura per ogni ebreo, lo straniero andava accolto e quindi il servizio reso da Marta a Gesù poteva essere semplicemente una sorta di cortesia, un atto dovuto in ossequio alla Legge.
In questo senso Maria ha scelto la parte migliore: non ha affermato la regola ma ciò per cui la regola è nata: l’ospite potrebbe essere il messaggero di Dio.
Nessuno ci chiede di non rispettare le regole della vita Cristiana ma sempre con addosso il desiderio che tutti possano conoscere il Signore, altrimenti si corre il pericolo di fare delle grandi e belle azioni sociali.
Buon fine settimana,
donC
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