Ieri il responsabile dell’associazione che si occupa dell’abbazia di san Pietro a Civate pubblicava la foto stupenda di un bucaneve che è sbocciato sulla nuda terra, presumo nelle vicinanze di detta abbazia. Nei giorni scorsi era caduta infatti un pochino di neve e la sua scomparsa deve aver indotto il fiore a decidere di sbucare.
E così accade anche a Città studi: man mano che si procede verso il termine della sessione d’esami sbucano di nuovo i ragazzi che chiedono di essere aiutati a guardare dentro la vita. Ma non sanno che in realtà quel loro affacciarsi alla porta del mio studio è proprio la fonte di uno stupore che va ben oltre quello del bucaneve della fotografia: la bellezza di un cuore che si spalanca e chiede vita è davvero un dono di Dio fatto a me. Di cui sono immensamente grato.
D’altra parte, la bellezza che si vede, e sboccia, è spesso il frutto di una dura lotta contro le condizioni esterne e contro la forza della natura: io vedo spesso il frutto o anche la fatica, ma non sempre mi capita di percepire quanto possa costare l’arrivare a chiedere, o a dire di sé.
Se vogliamo incominciare a godere fino in fondo dell’opera di Dio dentro le nostre vite credo si debba imparare a mettere tutto in gioco: la strada, i passi e anche gli errori, sapremo così godere appieno della bellezza che Lui compie nelle nostre esistenze.
Dobbiamo chiedere e dare tutto.
dalla liturgia ambrosiana:
Giovedì della V° domenica dopo l’EPIFANIA
In quel tempo.
Vangelo secondo Marco 8,10-21.
Il Signore Gesù salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà. Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva. Avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».
di fronte al dubbio, di fronte all’incertezza Gesù non oppone nessun artificio mentale, semplicemente chiede di ricordare. Noi cosa abbiamo da ricordare? Perchè questa è la questione, meglio questo sarebbe il nostro compito nella vita: custodire gelosamente ciò che ci è accaduto, ciò che i nostri occhi hanno visto e ciò che le nostre mani hanno toccato. Mi pare che invece si cada sempre nella logica per cui dopo aver visto dobbiamo provare a fare noi, come se la vita fosse un mestiere da imparare, si guarda ma per ripetere non per custodire, per godere di ciò che si vede.
Questo racconta come sia difficile cedere a Colui che ci dona tutto, la povertà di spirito è esattamente questa consapevolezza di essere fatti, ora. E credo che questo sia ancora più decisivo se si tiene conto che il vangelo di Marco è tutto costruito sulla domanda: “chi è Gesù?”. Per poterlo conoscere dobbiamo proprio imparare a cedere alla memoria dell’incontro che ci ha fatto prendere coscienza che tutto è dono, sempre.

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 11
Esperienza del segno
2. Il segno
Esso è anche il modo normale dei rapporti tra noi uomini, perchè le maniere con cui cerco di dirti la mia verità e il mio amore sono dei segni.
I rapporti come segno. Spesso invece concepiamo i rapporti come possesso, come cose che ci appartengono: i nostri amici, i nostri genitori, i nostri figli, … Quello che don Giussani mette in luce è quindi una cosa che potrà sembrare ovvia ma che ha il potere di costringerci a considerare nuovamente il nostro modo di stare con gli altri, perché se gli altri sono segno allora tutti possono essere segno. Basterebbe questo a far fiorire la vita.
Buon giovedì,
donC
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