Lunedì 10 novembre 2025

Domenica apparentemente tranquilla.
Come è facile abituarsi a tutto, anche alla eccezionale normalità con cui il buon Dio si mostra nelle giornate; così si finisce a dire: “solito”.
Eppure ogni singolo secondo di ogni singola giornata ha una sua unicità e se lo perdi non è che torna indietro, certo ti viene dato un altro istante, ma quello è perso per sempre.
Così il tempo è pieno di occasioni perse nella mancanza di una domanda: ti trovi a fare quello che devi ma manca qualcosa, manca un cuore che arda. E il grigiore pian piano conquista la vita, fai tutto ma senza un vero gusto.

Poi accade un fatto, semplice e banale, come il capitare nella cartella delle foto, sul telefono, e riprendi a desiderare a gioire a chiedere.
Se è vero che ogni istante vissuto senza passione è un istante perso è altrettanto vero che ogni istante può essere quello della consapevolezza, del rifiorire della vita.

L’ho detto altre volte, è l’invocazione con cui si inizia la preghiera: “O Dio vieni a salvarmi!”, sarebbe da ripetere ogni secondo perché mi è sempre più evidente che solo lui può rendere vivo ciò che nasce per morire, l’amicizia e l’amore di Cristo alla mia vita è davvero la grazia di poter riprendere con gusto ad ogni istante.
Tu che ci doni la vita, conservacela per il tempo necessario a comprendere che grazia sia il dono che ci hai fatto.

Allora anche una galleria di foto non è nostalgia ma certezza e gratitudine!
Ogni istante è per sempre, è perfetto.


dalla liturgia ambrosiana:

Leone, nato in Toscana alla fine del IV secolo, ricevette un’educazione molto accurata, come si può dedurre anche dalle sue opere. Eletto diacono sotto Celestino I, fu incaricato di affari importanti nella Chiesa del tempo e seppe difendere l’integrità della fede e promuovere la riconciliazione e la pace. Nel 440, alla morte di papa Sisto II, venne chiamato a sostituirlo. Il periodo del suo pontificato fu caratterizzato da forti instabilità politiche e da gravi conflitti dottrinali per le antiche risorgenti eresie, che seducevano ancora gli spiriti, nonostante le condanne conciliari e papali. Fu particolarmente coinvolto nei dibattiti cristologici, specialmente nella controversia contro Eutiche, a proposito del quale intervenne con la celebre “ lettera a Flaviano”, patriarca di Costantinopoli, esponendo con chiarezza la verità dell’incarnazione di Gesù, vero Dio fattosi uomo per amore degli uomini. I suoi pronunciamenti divennero la base della fede proclamata dai padri riuniti in concilio ecumenico a Calcedonia nel 451.
San Leone, oltre ad essere una voce importante della tradizione dottrinale, fu promotore di pace, assertore dell’unità ecclesiale attorno alla fede nel mistero di Cristo, e fu anche difensore del primato della sede apostolica. La festa della cattedra di Pietro fu istituita per sua iniziativa.
Negli ultimi anni del suo pontificato seppe, con la sua ferma diplomazia, difendere Roma dall’invasione degli Unni, trattando direttamente con Attila, da cui ottenne il ritiro pacifico delle truppe. Meno fortunato fu con i Vandali di Genserico, dai quali, nel saccheggio della città, riuscì soltanto ad ottenere la salvezza degli abitanti.
E’ il primo papa ad avere il titolo di “grande”. Fu in realtà un grande papa, grande per il suo servizio alla Chiesa, e fu anche un grande scrittore: i suoi 96 discorsi e le 173 lettere si segnalano per la profondità e la chiarezza teologica oltre che per la rara eleganza della esposizione. Morì nel 461.

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Vangelo secondo Matteo 24,42-44.

Comincio a capire che la sola via per fare mio ciò che realmente Gesù dice, soprattutto ai suoi amici, sia l’avere chiaro il contesto, che cioè quelle parole sono dentro un rapporto.
Gesù sta preannunciando la passione, che tutto parrà andare in rovina e che solo chi resterà saldo nella fede potrà vedere che il male non vince; dopo le parole che abbiamo letto oggi sarà raccontata la parabola delle dieci vergini, sagge e stolte, per ribadire che il punto è vigilare. Punto che oggi è messo come esplicito e anche categorico e che io tradurrei con una domanda: quando fai fatica, quando sembra che la giornata sia contro di te e tutto pare andare storto, tu dove guardi? Se l’idea del vigilare è un’attesa allora deve essere attesa di Qualcuno, altrimenti diviene un richiamo morale a un atteggiamento che fa di noi gli attori mentre il vero attore è Colui che già c’è, e che ci sta parlando con ciò che ci dona ora.


Giubileo 2025.
Gesù Cristo nostra speranza.
IV. La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale

3. La Pasqua dà speranza alla vita quotidiana


Cari fratelli e sorelle, buongiorno! E benvenuti tutti.

La Pasqua di Gesù è un evento che non appartiene a un lontano passato, ormai sedimentato nella tradizione come tanti altri episodi della storia umana. La Chiesa ci insegna a fare memoria attualizzante della Risurrezione ogni anno nella domenica di Pasqua e ogni giorno nella celebrazione eucaristica, durante la quale si realizza nel modo più pieno la promessa del Signore risorto: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Per questo il mistero pasquale costituisce il cardine della vita del cristiano, attorno a cui ruotano tutti gli altri eventi. Possiamo dire allora, senza alcun irenismo o sentimentalismo, che ogni giorno è Pasqua. In che modo?

Sperimentiamo ora per ora tante esperienze diverse: dolore, sofferenza, tristezza, intrecciate con gioia, stupore, serenità. Ma attraverso ogni situazione il cuore umano brama la pienezza, una felicità profonda. Una grande filosofa del Novecento, Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, che ha tanto scavato nel mistero della persona umana, ci ricorda questo dinamismo di costante ricerca del compimento. «L’essere umano – ella scrive – anela sempre ad avere di nuovo in dono l’essere, per poter attingere ciò che l’attimo gli dà e al tempo stesso gli toglie» (Essere finito ed Essere eterno. Per una elevazione al senso dell’essere, Roma 1998, 387). Siamo immersi nel limite, ma siamo anche protesi a superarlo.

L’annuncio pasquale è la notizia più bella, gioiosa e sconvolgente che sia mai risuonata nel corso della storia. Essa è il “Vangelo” per eccellenza, che attesta la vittoria dell’amore sul peccato e della vita sulla morte, e per questo è l’unica in grado di saziare la domanda di senso che inquieta la nostra mente e il nostro cuore. L’essere umano è animato da un movimento interiore, proteso verso un oltre che costantemente lo attrae. Nessuna realtà contingente lo soddisfa. Tendiamo all’infinito e all’eterno. Ciò contrasta con l’esperienza della morte, anticipata dalle sofferenze, dalle perdite, dai fallimenti. Dalla morte «nullu homo vivente po skampare», canta San Francesco (cfr Cantico di frate sole).

Tutto cambia grazie a quel mattino in cui le donne, recatesi al sepolcro per ungere il corpo del Signore, lo trovarono vuoto. La domanda rivolta dai Magi giunti dall’oriente a Gerusalemme: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?» (Mt 2,1-2), trova la sua risposta definitiva nelle parole del misterioso giovane vestito di bianco che parla alle donne nell’alba pasquale: «Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. Non è qui. È risuscitato» (Mc 16,6).

Da quel mattino fino a oggi, ogni giorno, Gesù avrà anche questo titolo: il Vivente, come Lui stesso si presenta nell’Apocalisse: «Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre» (Ap 1,17-18). E in Lui noi abbiamo la sicurezza di poter trovare sempre la stella polare verso cui indirizzare la nostra vita di apparente caos, segnata da fatti che spesso ci appaiono confusi, inaccettabili, incomprensibili: il male, nelle sue molteplici sfaccettature, la sofferenza, la morte, eventi che riguardano tutti e ciascuno. Meditando il mistero della Risurrezione, troviamo risposta alla nostra sete di significato.

Davanti alla nostra umanità fragile, l’annuncio pasquale si fa cura e guarigione, alimenta la speranza di fronte alle sfide spaventose che la vita ci mette davanti ogni giorno a livello personale e planetario. Nella prospettiva della Pasqua, la Via Crucis si trasfigura in Via Lucis. Abbiamo bisogno di assaporare e meditare la gioia dopo il dolore, di ri-attraversare nella nuova luce tutte le tappe che hanno preceduto la Risurrezione.

La Pasqua non elimina la croce, ma la vince nel duello prodigioso che ha cambiato la storia umana. Anche il nostro tempo, segnato da tante croci, invoca l’alba della speranza pasquale. La Risurrezione di Cristo non è un’idea, una teoria, ma l’Avvenimento che sta a fondamento della fede. Egli, il Risorto, mediante lo Spirito Santo continua a ricordarcelo, perché possiamo essere suoi testimoni anche dove la storia umana non vede luce all’orizzonte. La speranza pasquale non delude. Credere veramente nella Pasqua attraverso il cammino quotidiano significa rivoluzionare la nostra vita, essere trasformati per trasformare il mondo con la forza mite e coraggiosa della speranza cristiana.


Commenti

Una risposta a “Lunedì 10 novembre 2025”

  1. “Tu che ci doni la vita, conservacela per il tempo necessario a comprendere che grazia sia il dono che ci hai fatto.”

    Questo mi sembra il punto, la questione fondamentale che tu hai espresso cosi bene.

    Il dono che contiene tutti gli altri.

    “Allora anche una galleria di foto non è nostalgia ma certezza e gratitudine!
    Ogni istante è per sempre, è perfetto.”

    Ogni istante è perfetto!

    Grazie

    (Il linguaggio della fotografia: altro dono).

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