Ieri altro regalo inaspettato.
Avevamo un appuntamento perchè domenica mattina mi aveva detto che voleva presentarsi. Ma arrivata l’ora prevista sembrava non esserci; peccato che io la aspettavo in studio e lei era in chiesa, perché nemmeno sapeva dove potessi essere. Così dopo un quarto d’ora di attesa provo ad andare in chiesa a sistemare delle cose e la trovo lì, che mi aspetta.
La cosa, seppure già capitata altre volte, mi ha sorpreso: io che do per scontato il fatto che l’altro sappia le cose mentre ci sarebbe da piangere e stendere le passatoie per la meraviglia e la commozione per una persona che sceglie di affidarsi a un poveretto come me. Invece di aspettare con la trepidazione del padre che intravvede il Figlio che torna, mi faccio prendere dal solito, dal “già saputo”.
Comunque, resomi conto e profondendomi in mille scuse, la accompagno nel mio studio e cominciamo a chiacchierare: chi è, da dove viene, cosa fa nella vita, ecc. ecc.
In breve il racconto delle ragioni è fatto e poi si passa alle fatiche, alle esperienze passate, al fatto che nei suoi vari spostamenti ha sempre cercato la Chiesa, e la comunità più vicina perchè, mi dice, da quelle comunità si può entrare in una “vita nuova e vera”.
Ricominciare sempre, ogni volta, è un gesto di amore a sè, al proprio compimento, è un gesto di memoria per quello che si è incontrato, ed è la sola possibilità di non essere soli anche in un posto nuovo.
dalla liturgia ambrosiana:
Mercoledì della III° settimana dopo il martirio del Precursore
Memoria di san Satiro,
Satiro, fratello maggiore di sant’Ambrogio, nacque probabilmente a Roma. Trascorse parte della sua fanciullezza a Treviri, dove il padre era prefetto del pretorio della Gallia. A Roma studiò con il fratello Ambrogio e intraprese una brillante carriera nella magistratura imperiale. Nel 375, ancora catecumeno, lasciò Roma per stabilirsi con la sorella Marcellina a Milano, presso il fratello vescovo.
Ambrogio l’ebbe come valido aiuto nell’amministrazione. In un viaggio di ritorno dall’Africa, sulle coste della Sardegna, fece naufragio, e – racconta S. Ambrogio – “non per timore della morte, ma per non partirsene da questa vita ignorando il mistero, chiese insistentemente a quelli che sapeva iniziati quel divino sacramento dei fedeli”. Quindi si legò l’Eucaristia al collo con un fazzoletto e si gettò in mare. Egli attribuì poi alla presenza eucaristica l’aver scampato il pericolo. Morì nel 377-78 dopo una grave malattia.
Sant’Ambrogio tenne l’elogio funebre esaltando la sua fede, la sua disponibilità, il suo amore fraterno e la sua rettitudine e così concluse: “Non chiediamo conto al Signore, lamentandoci perché ce lo ha tolto; ringraziamolo, piuttosto, che ce lo ha donato”.
Oggi la Chiesa ricorda anche sant’Ildegarda di Bingen, monaca benedettina, dottore della Chiesa, morta il 17 settembre 1179. Fondatrice di monasteri, ricca di grandi talenti, spaziò dalla botanica alla teologia, esprimendo le sue esperienze mistiche in scritti che Bernardo di Chiaravalle apprezzò e incoraggiò. Ella volle soprattutto insegnare a cantare l’amore di Dio; e in realtà si può forse considerare la prima donna musicista della storia cristiana.
In quel tempo. Presentavano al Signore Gesù anche i bambini piccoli perché li toccasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. Allora Gesù li chiamò a sé e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso».
Vangelo secondo Luca 18, 15-17.
La condizione dei bambini oggi è davvero molto simile a quella dei bambini di questo vangelo: fastidiosi per gli uomini e amati da Dio. E non parlo solo delle vittime innocenti delle varie guerre che sono ovunque nel mondo ma parlo anche dei nostri figli spesso considerati un problema da risolvere o da “sistemare”.
Perchè?
Per il nostro innato bisogno di sapere che le cose sono come noi le abbiamo pensate; e non c’è nulla di più “anarchico” di un bambino che si ostina a cercare quello che vuole.
Eppure questa dovrebbe essere la nostra testimonianza al mondo: la ricerca inesausta e continua di quel volto che ci ha preso, altrimenti che altra passione potremmo comunicare?

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 15
L’ipotesi della rivelazione: Condizioni della sua accettabilità
Ma che Dio, in qualche modo, entri nella storia dell’uomo come un fattore interno alla storia, non come una ultima sponda al di là delle apparenze che l’uomo deve trapassare, una presenza dentro la storia, che parla come un amico, un padre, una madre, questa è la rivelazione cui aspirava il Fedone di Platone.
Siamo di fronte a una domanda precisa e concreta: non c’è bisogno di una sorta di segno di consolazione che ci richiami alla possibilità del mistero dentro la vita, abbiamo bisogno di una realtà concreta che dia risposta certa, o almeno evidente del Mistero dentro la vita.
La Chiesa, la Comunità cristiana, gli amici, in fondo sono il primo bagliore di questa rivelazione; per questo ne abbiamo bisogno nel sorgere del senso della vita e ne abbiamo bisogno per continuare a scorgere la risposta al nostro cuore.
Buon mercoledì,
donC
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