“E mai più disgustarti perché ti amo sopra ogni cosa”.
Anche ieri mattina c’è stato chi mi ha storpiato questa frase della preghiera con cui si domanda, tradizionalmente, perdono, dopo l’accusa dei peccati, nella Confessione. Capita spesso che le persone si impappinino sulla parola “disgustare” come se si dicesse una bestialità o uno sproposito; spesso avverto una sorta di imbarazzo nella voce di chi supplica il perdono: “disgustare” ci pare proprio un pò sopra le righe; in realtà è proprio questo che accade quando si pecca: si toglie a Dio il gusto di amarci, questo però non significa da parte Sua una perdita di volontà. Credo sia proprio davanti al nostro peccato che Gesù decide di andare in Croce, amandoci oltre ogni cosa.
Ma a noi la parola non piace e preferiamo cambiarla, storpiarla o saltarla. Ma quel peccato che per noi è poca cosa a Gesù disgusta davvero: anche noi non ameremmo una persona che ci tradisce continuamente. Invece Lui perde il gusto ma non la fedeltà, e solo quella fedeltà che poi ridona il gusto. E allora quella parola la diciamo perché siamo noi a doverci rendere conto di ciò che è davvero il peccato.
D’altra parte la stessa invocazione dice: “perché ti amo sopra ogni cosa”. Queste sono le parole, mi verrebbe da dire, che dovremmo saltare, cambiare o omettere, perché qui sì che si rischia di dire uno sproposito: è poi vero che amiamo Dio sopra ogni cosa?
dalla liturgia ambrosiana:
Mercoledì della penultima domenica dopo l’EPIFANIA
La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, il Signore Gesù ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».
Vangelo secondo Marco 11,12-14. 20-25.
Mi fa sempre un pò paura questa nettezza di Gesù: se io fossi al posto di quel fico? Se Gesù mi chiedesse frutti che, anche volendo, non potrei dare finirei anch’io seccato fin dalle radici? Se così fosse avremmo un clima davvero da paura, altro che misericordia.
Il punto è che io parto dalla preoccupazione di essere capace di dare frutto mentre il frutto è dato. Non è la pianta che immagina e genera il frutto ma è un dono che Dio fa alla pianta. Quindi, se confidi in Lui, davvero può essere che accada tutto quello che per noi è impensabile, come un frutto fuori stagione. E il vertice di quest’opera di Dio è nell’ultima frase: il perdono non viene semplicemente dal nostro chiedere scusa ma piuttosto dal nostro perdonare i torti che subiamo. Il rapporto con Dio, che ci salva, è tutto nel vivere la misericordia, nell’avere un cuore così largo da abbracciare chi ci rifiuta. Quello è il vero frutto, quello che fa prosperare il fico.

Scuola di Comunità
IL SENSO RELIGIOSO
Capitolo 11
Esperienza del segno
4. Carattere esigenziale della vita.
«Che cosa più potentemente l’uomo desidera del vero?». Il vero: il significato reale di ogni cosa sta nel suo percepito nesso con la totalità, con il fondo, con l’ultimo.
Il significato delle cose non è quindi quello che noi attribuiamo alle cose ma nel loro essere legate con il Tutto. E questo diventa evidente quando ci capita di riflettere sul fatto che il valore dell’uomo, unico, è dato dal suo essere creatura, immagine del Creatore. Se così non fosse saremmo comunque creature, ma come le altre, mentre noi il Signore ha messo al di sopra del creato, e lo possiamo dire perché ai primi uomini ha chiesto di dare nome a tutte le cose. Arrivare poi al nesso cosa-totalità è, per riprendere ancora S. Agostino, arrivare al punto del riposo, lì il cuore si acquieta.
Continuiamo nella preghiera per il Papa,
buon mercoledì.
donC
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