Premessa
Occorre una prefazione, semplice e chiara, sul perché di questo lavoro sulla Messa: innanzitutto è un mio bisogno ricorrente; tornare su ciò che più normalmente faccio è il modo più semplice per non rendere abitudine il gesto più grande della storia. In secondo luogo mi è sempre più chiaro che la celebrazione è un gesto della Chiesa, quindi con tempi, forme e sottolineature che hanno la pretesa di essere per tutti e per ciascuno mentre sempre più spesso vedo che la partecipazione, e le modalità con cui avviene, la riducono a un gesto personale o, che è peggio, privato. Basta vedere come ci disponiamo in chiesa: ciascuno occupa il posto che vuole in base a sé, non certo all’essere insieme, all’essere comunità che celebra.
Quanta confusione c’è tra rito e devozione!
Il pericolo grande di questa riduzione del rito a celebrazione personale mi pare poi evidente nel venir meno della coscienza della Chiesa come corpo mistico di Gesù che cammina nella storia; se io vivo in autonomia il mio rapporto con Gesù ben presto l’osservanza dei precetti e l’appartenenza stessa non saranno più necessari e comunque soggetti alla mia disponibilità.
Infine voglio mettere per iscritto quel poco che so perché mi accorgo sempre più spesso che la mancanza di rapporto tra vita e liturgia è data dalla non conoscenza di ciò che la liturgia dice e fa, del fatto che la liturgia è la prima incarnazione della fede. La liturgia è la più alta ed efficace catechesi perché non è parole, bensì è un gesto.
Se volete compiere con me questo cammino fatto essenzialmente di “istruzioni per l’uso” e non di grandi concetti teologici vi suggerisco di cominciare dalla recita di questa preghiera che ormai da qualche anno è pubblicata dal calendario liturgico della diocesi di Milano: si tratta in realtà del saluto all’altare dell’antica liturgia siriaca, quindi andrebbe recitata questa preghiera alla fine della Messa, prima di uscire dalla chiesa. Vi chiedo di partire da questa preghiera perché credo che la prima cosa da domandare è un affetto verso il gesto che più di ogni altro può segnare la vita.
Rimani in pace o altare santo e divino del Signore:
non so se tornerò o non ritornerò a te.
Mi conceda il Signore di rivederti
nella celeste assemblea dei santi.
E su questo patto (del Signore)
Io ripongo la mia fiducia.
Rimani in pace altare santo
e propiziatorio,
e il corpo santo
e il sangue del perdono
che da te ho assunto
siano per me espiazione dei delitti
e remissione dei peccati
e per sempre motivo di fiducia
davanti al terribile trono di Dio.
Rimani in pace altare santo
e mensa di vita
e implora per me misericordia
dal Signore nostro Gesù Cristo,
perché da questo momento
e per sempre possa conservare
il tuo ricordo.
Amen