La Messa

Conclusioni

Qualche tempo fa, nel bel mezzo delle mie riflessioni sulla Messa un’amica mi scrive una cosa del tipo: “Grazie per i numerosi spunti, mi piacerebbe vivere con questa coscienza alla Messa, ma come si fa a tenere presente tutto?”. Se la guardate così la Messa è come un esame in università, devi sapere tutto ed essere preparato ad ogni cosa.

Io non vivo la celebrazione con l’ansia di avere coscienza di tutto, la concepisco molto diversamente, gli appunti che vi ho preparato sono una introduzione ma poi il gesto concreto si muove, per me, con la dinamica dell’incontro: quando incontro una persona non ho nessun desiderio particolare, ho solo voglia che si stia insieme e che sia bello, poi le cose vanno. Se non mi muovessi con questo respiro finirei con il soffocare.

Quindi anche questa conclusione non è un piccolo trattato di teologia ma semplicemente il raccontare come vivo quello che è il gesto più importante di ogni giornata.

Inizialmente avrei chiuso queste pagine raccontando della Messa come di un immenso affresco, un’opera maestosa e articolata. Ben presto ho dovuto riconoscere che l’immagine però non rende, mancava sempre il fatto che questo momento della giornata si presenta sempre uguale e sempre diverso, come è del manifestarsi del Mistero. Poi mi sono reso conto che la Messa per me è proprio come la giornata: quando mi alzo so, bene o male, che cosa vi accadrà ma non so come in essa potrò vederLo. Spetta a me decidere che cosa voglio fare: o cercare la pienezza di me in ciò che accade o mettermi di buona lena per fare il mio dovere e poi tornare a letto aspettando che accada qualcosa che possa cambiarmi.

Ciò che determina la mia Messa è quindi innanzitutto la mia domanda; quando celebro senza aspettare e senza chiedere nulla allora è ben difficile che qualcosa possa accadere e che qualcosa mi colpisca fino a dare luce alle 23 ore e 30 minuti che mi restano della mia giornata. Così la stessa cosa va decisa di nuovo tutti i giorni, non ce lo possiamo risparmiare. E questo vale per la Messa come anche per tutte le cose che compongono la vita intera: per vivere un rapporto che abbia almeno la parvenza del “per sempre” occorre che non ci si stanchi di decidere di nuovo di andare incontro a chi ci ha abbracciato per vedere che cosa accade oggi, lo stesso vale per il lavoro: non tornare a dirsi perché vale la pena di essere in quel posto è il modo migliore per vivere da anestetizzati: senza percezione della lotta che la vita è.

In questo modo è per me uno spettacolo vedere come la “solita” Messa sia in grado di darmi ogni giorno, nuovamente, dei suggerimenti e delle conoscenze nuove, sì perché non solo mi richiama ma devo dire che mi insegna, mi corregge e sprona. Alla faccia della Messa come rito monotono e ripetitivo.

In fondo per secoli la Messa è coincisa con la sola forma di catechesi e di catechismo della Chiesa. San Carlo, per porre rimedio all’ignoranza dei suoi preti non propose corsi di teologia ma semplicemente di studiare il messale.

C’è una seconda considerazione che vorrei lasciare a chiusura di questo lavoro: per vivere la Messa come un rapporto c’è voluto un cammino paziente e non sempre rettilineo. Nel tempo dell’adolescenza avevo smesso di considerare che la Messa potesse dirmi qualcosa, l’incontro con una bella amicizia mi portò a vedere che poteva esserci qualcosa di bello oltre l’atletica, loro, i più grandi, dicevano che quello stare insieme era frutto della presenza di un Altro; io non capivo molto di questo Altro ma li seguivo in tutto perché con loro stavo bene, ne venne che pian piano cominciai a vedere dentro quello che mi accadeva e cominciai anch’io a desiderare di vivere sempre quella amicizia così vera e pure così umana.

Pian piano i gesti che avevo cominciato per non perdere gli amici divennero miei e da allora è stato un crescendo di coscienza e di passione per me e per quello che faccio dentro la mia umanità che spesso non sta al passo con il mio cuore.

Oggi ho la consapevolezza che nel gesto della Messa c’è la sola e vera possibilità di amicizia; rivivere il gesto della Passione di Cristo è il modo più vero per conoscere me e per imparare ad amare gli altri.

Perché tutto questo racconto poco interessante? Semplicemente per dire che la coscienza della Messa procede di pari passo con la consapevolezza dell’io; senza un cammino per la conoscenza di sé non c’è possibilità neppure per la conoscenza del Mistero eucaristico.

Chiudo queste conclusioni con la consapevolezza di aver steso appunti “work in Progress”.

Grazie della pazienza verso la mia povertà e inadeguatezza, spero sia occasione per un vostro più proficuo cammino personale.

-donC


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